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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


La Gomorra di Pier Damiani

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 21 Febbraio 2020, 16:09pm

Tags: #la storia

Santa Croce di Fonte Avellana

Santa Croce di Fonte Avellana

Cadono le vele di Scampia. Perché Gomorra non è solo un’immagine biblica adottata da Saviano e poi da una fetta copiosa di fiction. Gomorra la corrotta è anche la fonte ispiratrice di un’opera medievale, tanto per cambiare, dal titolo Gomorrhianus, scritta dal monaco cardinale vescovo e dottore della Chiesa, san Pier Damiani, monaco prima di tutto di comprovato rigore.

Cardinale in verità per poco tempo, dal momento che si narra che presto vi abbia rinunciato pur di fare ritorna alla sua vita solitaria cominciata qualche decennio prima in Fonte Avellana. Di lui si interessa Dante, così da farne l’immancabile sferza contro i mali della Chiesa contemporanea e degli ordini religiosi in primis, rendendolo protagonista di un canto intero del Paradiso, il XXI.

Il trait d’union tra i due, il santo e il poeta (ma il santo era vissuto quasi tre secoli prima fino al 1072), dovrebbe essere stata la Ravenna che quest’anno si accinge a ritornare capitale dantesca, a motivo della ricorrenza imminente della memoria della morte del poeta che fa cifra tonda. Anche se Pier Damiani, ravennate, non è detto che sia quel Petrus  peccans cognomine dictus citato qui e altrove e di cui si legge il criptico epitaffio in Santa Maria al Porto di Ravenna, dove i resti di questo misterioso Pietro peccatore sono sepolti.

“Tra ‘ due liti d’Italia surgon sassi, e non molto distanti a la tua patria, tanto che ‘ troni assai suonan più bassi, e fanno un gibbo che si chiama Catria, di sotto al quale è consacrato un ermo, che suole esser disposto a sola latria”. Notazione, l’ultima, che vuole tacitamente indicare che a sola gloria di Dio va custodita la vita del religioso. Anche se Pier Damiani fu costretto a fare il contrario.

Chi avesse percorso zone limitrofe fino a Faenza dove muore il nostro, e il Casentino, vedrà che, oltre alla geografia sacra di Dante, l’atmosfera è del tutto in asse con l’idea di contemplazione sublime del sacro che sembra richiamare il vecchio monaco.

Tutto questo per raccogliere a piene mani quel che Pier Damiani scriveva nel Gomorrhianus e altrove: che lo spettacolo dell’oggi è indecente e che occorre tornare alle origini e quindi alla povertà. “Or voglion quinci e quindi chi rincalzi li moderni pastori e chi li meni, tanto son gravi, e chi rietro li alzi. Cuopron d’i manti loro i palafreni, s’ che due bestie van sott’una pelle: oh pazienza che tanto sostieni!”. Notissimi versi, credo, anche alle orecchie di chi si occupa di investimenti immobiliari in terra inglese per conto altrui e di Santa Sede; o per chi si è apparecchiato alla ristrutturazione di attici e di superattici in centro, in Roma, a prezzi vertiginosi.

Ma Dante – si sa – e pure Pier Damiani, sono solo dei moralisti, degli estremisti. Entrambi un carattere pessimo, senza nessun margine di trattativa.

La memoria di Pier Damiani si celebra oggi, 21 di febbraio da circa otto secoli ormai. Profeti si resta, pure se antipatici e inascoltati.

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