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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


La convivenza di piazza Vittorio

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 23 Ottobre 2019, 15:01pm

Tags: #la storia

La convivenza di piazza Vittorio

Mi faccio quattro passi nel quartiere più multiculturale di Roma, l’Esquilino. Sto preparando per una rivista una serie di itinerari meno convenzionali del solito. L’Esquilino lo è. Sulla stessa piazza ci sono Santa Maria Maggiore e un po’ più nascosta la Basilica di Santa Prassede, e insieme san’Antonio all’Esquilino a cui si accede da una scala scenografica in cui da anni possono celebrare in slavo russo antico, i cattolici di Russia. Ecco già la prima voce esotica e “dissonante”. Mentre un po’ più avanti, al venerdì, in piazza Vittorio, si svolge la preghiera della numerosa comunità islamica che si raduna sul marciapiedi del giardino e che in gran parte vive nella zona, da qui alle periferie del Prenestino e del Casilino. Siamo nello stesso spazio in cui la parrocchia di Sant’Eusebio ogni anno celebra in piazza la benedizione degli animali domestici per la festa di Sant’Antonio abate, in gennaio. La convivenza? Non facile. Gli italiani hanno venduto affittato a caro prezzo appartamenti e seminterrati. Hanno poi ceduto negozi e gestioni. La chiamano Chinatown anche se ormai ce n’è di tutti i paesi del mondo, moltissimi del Bangla Desh, fino alle periferie. E così l’antico mercato di piazza Vittorio, oggi variopinto come non mai, ma di altre cose, non più fave e porchetta.

Mi stupivo stamattina, non a guardare cose alle quali sono ormai abituato, ma nell’ascoltare il prete che tesseva l’elogio di san Giovanni da Capestrano che si distinse nella guerra contro i Turchi nel 1400. Pensavo a quelle santità un po’ fuori dal tempo, a quelle lotte di religione – è il caso di dire “senza quartiere” – che oggi sarebbero improponibili, scorrette, anacronistiche e non sante, in alcun modo.

Conosco personalmente chi si lamenta del degrado, della presunta invasione, della totale trasformazione del quartiere. Ne spiega tutto con l’assalto delle cavallette, come ho sentito dire. E altri che cercano di metter su un’orchestra multiculturale per portarla in giro; che si danno da fare per soccorrere quelli che dormono sotto i portici spesso riscaldati dai cartoni e dal vino. Che a volte sono pure italiani.

Non ho dubbi su chi incarni meglio l’idea di essere cristiani. Anche se molti nelle piazze gridano il contrario, rosari in mano.

Chi è che non abbia nostalgia della piazza Vittorio vernacolare di venti e più anni fa? Ma è che da allora molte cose sono avvenute. Che il mondo è cambiato, poveri compresi. E che non è quasi mai colpa loro.

La sintesi, anche ottica, panoramica e visuale, del visitatore e del giornalista non è cosa semplice e neppure immediata.    

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