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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


Il presidente, la politica la cultura, la sua generazione

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 26 Settembre 2023, 16:16pm

Tags: #I PADRI

Il presidente, la politica la cultura, la sua generazione

Sono appena reduce dalla cerimonia di commemorazione del presidente della Repubblica emerito, Giorgio Napolitano – nel senso che come altri ne ho seguito la diretta radiofonica – ed avverto la necessità di fare giusto qualche riflessione. Qui non si tratta di procedere alla beatificazione di un nuovo santo laico (laica è stata anche la commemorazione e devo dire che da questo punto di vista si è trattato di qualcosa di ancora più autentico e di profondo); quanto di riflettere su quel che dovrebbe essere “idealmente” la politica: una cosa nobile innanzitutto.

Del presidente emerito si può amare o non amare il credo politico, la sua storia; approvare o meno certe scelte e posizioni assunte via via nel corso della sua carriera lunga settant’anni e oltre (settanta solo in Parlamento). Si tratta invece di riconoscere che la politica può e deve essere una cosa seria, un impegno reale, anche di studio, di approfondimento culturale né solo costituzionale; del ruolo e della dignità di rappresentare l’istituzione e ciò per cui essa è: il bene comune.

Al di là della fede politica, applicarsi ad essa, significa avere a cuore ciò che si rappresenta; cioè la gente e la sua voce, il popolo, il luogo e il ruolo che si ricopre. Avere sempre come obiettivo ciò che si ritiene, aperti al confronto, costituisca il meglio per il Paese, cioè per la sua gente. E questo, Napolitano, come molti altri della sua generazione lo ha fatto, vi ha creduto, ci si è rigorosamente applicato, convinto che il compito e l’onere della rappresentanza porti in sé il naturale rispetto per chi chiede di essere rappresentato.

Studiare quindi, maturare competenze (non oggi che pare non sia richiesto) è ciò che si deve in quel ruolo. Dedicare non solo alle carte costituzionali ma a tutta la cultura e alla vita che ne consegue e di cui è  espressione, il proprio impegno, il proprio tempo, il proprio interesse.

La cultura tutta, per lui e per quelli della sua generazione politica - non tutta, certo - era il luogo del riconoscimento della identità e dell’eredità di un popolo. Da qui anche il suo amore per l’espressione artistica, per l’arte figurativa e per la musica classica; per il cinema e il teatro, in genere sconosciuti ai politici dei giorni nostri; perché sono quelli i luoghi in cui si esprime in modo trasparente e pure sublime lo spirito di un popolo – se proprio si vuol dire a questa maniera - e la sua storia.

Quelle espressioni oggi ignorate e disprezzate, a cui si dedicano briciole di tempo e di risorse (persino il ministro della Cultura, i libri confessa di non averli letti) sono ciò in cui ci si è a lungo riconosciuti, e rappresentano sentimenti valori ed istanze anche sublimate che più generazioni hanno prodotto e di cui si sono alimentate. Sono l’humus, il background ed altro ancora da cui gli uomini e le donne di oggi sono prodotti e si sono sollevati. Non se ne può fare a meno se non si vuol rispondere solo ai mal di pancia ed agli istinti spesso bassi e vendicativi, egoistici che pure siamo in grado di produrre, prima di ogni tratto di “educazione” (Educazione è sempre un tirare fuori, una maieutica del meglio di ciò da cui siamo costituiti).

 Perciò, la politica non può essere “ignorante” in senso ampio, non può essere incompetente, non può essere solo istinti impulso calcolo; non solo stato di perenne contrapposizione da campagna elettorale e propaganda. Non può essere ricerca del consenso, costi quel che costi. Non può essere becera applicazione furbesca al conteggio di numeri e tessere elettorali. Non può essere infine solo rincorsa alla quantificazione dei sondaggi.

E’ invece ideale ed è etica.

Perciò la cerimonia laica di oggi è stata profondamente religiosa, dal momento che la politica in senso pieno lo è. Lo è come mandato per altri, a loro tutela, a loro difesa. E questo può garantirlo solo chi conosce e riconosce il modo ed il motivo per cui ci si adopera.

Ho ascoltato con attenzione gli interventi del figlio, la nipote, dei presidenti della Camere, di Finocchiaro, Letta, Gentiloni, Ravasi, Amato. Questo è il tratto nobile di una politica come vorremmo che fosse. Ho ripensato a quegli uomini di quella generazione, a mio padre, mi sia consentito, a cui ho ripensato mentre si ricordavano le citazioni dotte mandate a memoria da Napolitano; l’amore per Thomas Mann e per Dante. Mi sono ricordato che era lo stesso che faceva mio padre.

Un altro mondo, un altro amore per la cultura, un ossequio fecondo per la nostra storia civile e culturale. E’ questo che va recuperato se vogliamo vivere in un Paese migliore. Devo ammettere che ci sono stati momenti che ho vissuto con commozione. Era il Paese che avevano ricostruito, su quelle basi, in quegli anni.

E i cui eredi, salvo eccezioni, non sono all’altezza, troppo spesso solo figli arroganti della tv commerciale, tele-imbonitori, espressioni di quel che siamo: quasi analfabeti di ritorno, senza passato e con un futuro sempre più confuso.   

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