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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


Galdino tra la questua e Pontida

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 25 Agosto 2022, 11:15am

Tags: #la storia

(Questuanti dal Messaggero Cappuccino)

(Questuanti dal Messaggero Cappuccino)

“Testimoniò concretamente la carità interessandosi dei poveri, particolarmente di quelli che si vergognavano a stendere la mano per chiedere l’elemosina nonché di coloro che erano stati privati della libertà in quanto debitori insolventi. Per loro, istituì quello che più tardi venne chiamato “il pane di san Galdino”. Nulla di più attuale. Al fenomeno stiamo assistendo impotenti in questi lunghi mesi di pandemia e di guerra, anche a voler chiudere gli occhi pur di non vedere. Si tratta dei nuovi poveri certo; piccola borghesia immiserita dalle chiusure e dalle contrazioni del mercato; piccoli imprenditori, partite Iva e lavoratori precari; la nuova Wall Street del 29, o la più recente crisi del 2008, che però ebbe effetti meno devastanti per le classi medie.

I dati forniti dalla Caritas e dalle società di soccorso, in tal senso parlano chiaro. Ora, il pane di san Galdino non è un ristoro e non aiuta a ripartire. Non è una soluzione ma solo l’estremo rimedio che aiuta a sopravvivere.

Il fra’ Galdino manzoniano nasce senz’altro a partire da questa traccia storica, all’insegna della solidarietà, con tutto il suo delicato miracolo delle noci. Quel fraticello pietoso e generoso mostrava di possedere questo senso della paternità. I nomi dei personaggi dei romanzi non si scelgono a caso, in generale. E di frati questuanti e santi è pieno il martirologio e l’immaginario pure favolistico del mondo occidentale.

Dal punto di vista storico, il Galdino santo invece è stato vescovo ai tempi del Barbarossa, al quale si oppose fieramente così come al suo antipapa Vittore IV (mentre Milano veniva rasa al suolo nel 1162), succedendo nella carica episcopale a Oberto da Pirovano. Fu investito della carica cardinalizia il 18 aprile 1166. Appoggiò la Lega lombarda dei Comuni (la Lega di Pontida) ma, a dimostrazione che certe assunzioni simboliche della politica sono fuorvianti e poco aderenti all’originale, il soccorso alla Lega fu accompagnato da un atteggiamento tutt’altro che egoistico ed esclusivo, se è vero che gli ultimi furono in cima ai suoi obiettivi. Anni fa, a Pontida (ma ormai è storia passata) mi sono recato per vedere con i miei occhi lo spettacolo del leghismo nascente, acqua padana e immaginario bossiano.

Vi si giunge per ferrovia, grazie alle linee secondarie di Trenord, passando nel lecchese e in mezzo a scenari bellissimi e soprattutto inaspettati per la ricca Lombardia. Un solo binario, corse centellinate, “passi tu o passo io”. Ho sbagliato stazione, la prima volta, e mi sono fatto un’attesa piuttosto lunga sul marciapiede, prima di tornare indietro. La spianata dei seguaci del Carroccio caro a Galdino è posta sul ciglio della strada. La domina un antico monastero di San Giacomo, benedettino.

Ho chiesto ospitalità per qualche giorno e così è stato. Impagabile lo spettacolo umano. Non ho mai capito come avessero preso i monaci la cosa: gran chiasso, fuori; banchi e microfoni, bandiere gagliardetti, slogan e leader in canottiera, concerti bandistici e salsicce. Non ho chiesto per pudore.

Un giorno che aveva nevicato, ho aiutato i monaci a ripulire il piazzale. Speravo di strappargli un commento. Niente. Silenzio assoluto. Quello delle Regola e quello della diplomazia del buon vicinato.   

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