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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


di levatrici ostetriche e partorienti. Di Nonnato e di quei fratelli mercedari

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 31 Agosto 2020, 11:23am

Tags: #la storia

di levatrici ostetriche e partorienti. Di Nonnato e di quei fratelli mercedari

Partorienti e levatrici? Il loro patrono è Nonnato. Non si tratta di un gioco di parole. È la fede popolare che alla singolarissima figura di santo duecentesco in tal modo chiamato ha affidato questo ruolo così impegnativo, considerando quanto la maternità fosse a rischio nei secoli passati, non solo in quelli bui ... Del resto Nonnato, che di nome faceva Raimondo, era venuto alla luce durante un parto che a sua madre sarebbe costata la vita. Da qui l’origine del soprannome …

Il culto popolare cominciò a fiorire in Catalogna, dove a Cardona, a pochi chilometri da Barcellona, nella chiesa di San Nicola, venne deposto il corpo di Raimondo, morto probabilmente di peste nella traversata per mare che avrebbe dovuto condurlo a Roma per l’investitura cardinalizia che per lui aveva predisposto Gregorio IX. Non andò in porto ovviamente, ma Nonnato era stato tutt’altro che un curiale nei suoi anni di vita. Semmai un integralista, figlio del suo tempo (ma i borghesi e i mercanti non erano così. nda.), con la sua voglia irrefrenabile di condividere la sorte degli ultimi, gli schiavi, con i quali visse a lungo, prima in Spagna, poi in Algeria, al tempo dei Mori, come sta scritto.

Dentro questa storia – come si vedrà  - ci sono molti aspetti incomprensibili ai nostri occhi. L’ansia di evangelizzazione degli “infedeli” reciprocamente avvertita tanto dai nostri quanto dagli Arabi (“Mori”, a ben vedere, contiene in sé già qualche elemento dispregiativo in termini di definizione razziale. Come non ricordare l’Otello shakespeariano in cui la pigmentazione costituisce un argomento di dispregio continuo agli occhi dei congiunti e del padre di Ofelia?). E i Mori in fondo non erano che il grande avversario per mare e sui mercati, nei fondaci e nei carruggi, l’alterità assoluta in termini di costumi e di fede, in termini di stile di vita. Le razzie – detto per inciso – non furono del tutto unilaterali, così come siamo portati a credere.

L’ostilità e l’incomprensione, l’odio ed il conflitto erano reciproci, come si diceva, per quanto il fascino dell’Oriente, da depredare, toccasse anche il Nostro Paese: da Venezia a Ravenna, dalla Puglia alla Sicilia alla Calabria, i rapporti culturali, artistici, commerciali, religiosi non furono mai interrotti, ora con l’islamismo, ora con il monachesimo d’Oriente, ora con la Chiesa di Bisanzio. Che era stata pur sempre l’alter ego di Roma, per secoli.

Non si capirebbe Francesco che pure cercò di convertire il Gran Soldano (risultati, nessuno) e quindi neppure Nonnato, se non si considerasse il quadro in cui rientra nondimeno l’arabizzazione di una parte delle coste europee del Mediterraneo, Spagna in testa. Il mercato degli esseri umani, quello delle braccia, esisteva come ora. Affrancare costoro, sfruttati, era diventata la missione principale dei Mercedari di Pietro Nolasco. Allo stesso si ispira Nonnato. Entra nelle fila dei suoi monaci-commilitoni e da qui l’avventura cui abbiamo fatto cenno in apertura.

Non contento di adoperarsi contro questa schiavitù in patria, Nonnato si sarebbe presto recato in Algeria dicevo, senza rinunciare però all’annuncio del Vangelo. Per cui – si narra – gli avrebbero perforato il labbro con ferro incandescente per farlo tacere. Glieli avrebbero serrati entrambi con un lucchetto (sic!) e infine, liberato, sarebbe stato chiamato a Roma per il cardinalato. Il resto lo abbiamo raccontato. Anche se, pur se con rispetto, non è l’agiografia del santo che costituisce il centro di questo pezzo.

Da schiavitù diverse si può esser presi, in genere accompagnate da qualche forma di caporalato e da adescamenti vari. E qui mi fermo, per non dire delle mille schiavitù che ci dominano, se intendessimo andare sul piano degli stili di vita e dei costumi. E anche qui i Mercedari, un certo modo intendere l’esser Mercedari, metaforicamente, sarebbe sempre rispondente alla bisogna.

Un mio conoscente, giorni fa, non so se con buonissime intenzioni, mi faceva osservare che sarebbe ancora utile un gruppo di religiosi di tal fatta, con questa missione in capo a tutte. Certo – dico – magari senza quest’ansia di cambiar la testa e la fede religiosa, di far proselitismo ad ogni costo con quelli che ti vengono per le mani. Insomma, dopotutto molte Ong e molto volontariato oggi si occupano di quel che Nolasco e Nonnato avrebbero fatto nel corso del Duecento. E anche qualche prete lo fa, mi risulta … Per quanto non si può limitare la professione religiosa all’opera delle Ong appunto.

Ho sempre preso in giro una mia cara amica del Liceo che, per giustificare la nobiltà del suo casato, mi faceva notare che i suoi antenati provenivano dalla Spagna, forse dalla città di Cardona. In questi giorni, questa Cardona me la sono ritrovata tra le mani. Non è un miracolo ma è pur sempre una bella cosa. La mia amica non c’è più, ma vorrei dirle adesso che magari aveva ragione e che nella città dei suoi, in San Nicola, riposa quel che resta di questo Raimondo Nonnato, santo col lucchetto, patrono di partorienti e levatrici amato anche dal papa. E che come vedrà, non l’abbiamo del tutto dimenticata.

E che più che i casati e persino i Mercedari, possono le cose belle che abbiamo lasciato intorno a noi. La libertà più bella è quella di sapersi riconoscere in debito con qualcuno. Senza che ti si chieda nulla in cambio.

Ps. Il 31 di agosto, a frotte, salivano a Cardona le donne che avrebbero affrontato una difficile e perigliosa gravidanza, per la festa del santo che tale fu pur senza ma essere stato fatto cardinale. Il che aiuta a credergli di più …        

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