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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


I salmi penitenziali. Il teatro

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 30 Agosto 2020, 09:42am

Tags: #salmi, #versi

I salmi penitenziali. Il teatro

A me sembra che il salmo 50, che presto riconoscerete tutti per quanto è famoso ed in uso anche nella tradizione liturgica cristiana, abbia come un ritmo interno incline alla danza. Non ci deve meravigliare, considerando che i salmi sono recitati e cantati; che su questi Davide si muoveva tenendo il ritmo come pure gli veniva rimproverato da chi gli imputava di non essere sufficientemente dignitoso per il suo ruolo di sovrano. La didascalia del salmo recita “questo è il più famoso dei salmi penitenziali” semplificando e facendogli del torto. Del resto la tradizione vorrebbe che questo sia stato composto dopo l’episodio di Uria l’Ittita e di Bersabea.

Mi viene in mente un passo del profeta Zaccaria, ora, al capitolo 7, in cui, di fronte ai sacrifici ai digiuni ed agli olocausti, quella gente viene ripresa “Praticate piuttosto una giustizia vera; abbiate amore e misericordia ciascuno verso il suo prossimo. Non frodate la vedova, l’orfano, il forestiero, il misero e nessuno nel cuore trami il male contro il proprio fratello”.

Ecco, per avere Bersabea, Davide trama eccome, contro il povero Urìa. Lo manda in prima linea tra i valorosi perché muoia, gloriosamente certo, ma muoia; e gli lasci campo libero come il fulvo sovrano desidera.

E’ questa la forma più grave di impurità che possa riguardare il comportamento umano: tramare e tradire. Perciò “lavami dalla mia colpa, cancella il mio peccato […] il mio peccato mi sta sempre davanti, quello che è male ai tuoi occhi io l’ho fatto … purificami con issopo e sarò mondato, lavami e sarò più bianco della neve, crea in me un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo, liberami dal sangue, uno spirito contrito è sacrificio a Dio. Allora gradirai i sacrifici prescritti. L’olocausto e l’intera oblazione. Allora immoleranno vittime sopra il tuo altare”.

I diversi richiami alla purificazione sono immessi ad intervalli (da qui il ritmo sinuoso e danzante di cui dicevo) tra un riconoscimento e l’altro della propria colpa, tra un battersi il petto ed un riconoscersi incline al male costitutivamente (nella colpa sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre).

E’ vero che in ogni liturgia penitenziale anche assembleare c’è sempre l’alternarsi dei due momenti e dei due movimenti, così come è alternata la voce e l’atto di chi celebra con quelli del popolo (in questo è il grande legame tra atto liturgico e teatro – la funzione del coro del teatro greco è affine); ma trovo che qui più che altrove, l’alternanza spirituale e tonale sia evidente e gradevole.

L’uso che ne abbiamo fatto nei secoli, in ambito cristiano, decontestualizzata, ha finito indubbiamente con il banalizzare la recita del testo e con l’appiattirla, considerando che l’intonazione stessa in larga misura non viene accompagnata né dal canto né dal movimento. In fondo anche o soprattutto l’atto penitenziale richiama in sé l’idea dell’espressione completa di sé, in parole e in espressione corporea.

E’ quello che ha fatto la sacra rappresentazione ad esempio durante l’età medievale. Con risultati che possono risultare eccessivi e patetici per la nostra sensibilità e che oggi tradizione e folklore mantengono quasi sempre artificiosamente in vita. In questi ad ogni modo il ruolo della folla, anche in forma processionale, è fondamentale e se non è danza, molto si avvicina al rito funebre ed al lutto collettivo, con tanto di ruoli definiti. La vita forse è solo teatro.       

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