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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


Speculum

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 30 Ottobre 2019, 16:41pm

Tags: #la storia

Spello - Chiesa di Sant'Andrea

Spello - Chiesa di Sant'Andrea

La mia giornata a Spello è stata un aggirarmi un po’ frenetico e un po’ rallentato tra bellezze divenute nel frattempo più turistiche – erano anni che non mi soffermavo – e aspirazioni e domande che restano inevase, ormai da qualche anno. Quelle più assillanti riguardano tutto il patrimonio artistico e spirituale, quindi “culturale”, che resta chiuso ed inutilizzato, ABBANDONATO, qui e ancor di più altrove, in vicinanza, in località per il momento meno note. Laddove ci sarebbero volenterosi (e tra questi cotai …) che aspirerebbero a ridare ad esse un po’ d’aria e di vita. Parlo di cappelle, di mezze chiese, di canoniche e “rifugi” in campagna nel frattempo divorate dall’erbe e dai topi, imbastite nelle loro ragnatele, mentre le travi marciscono e le decorazioni alle pareti si coprono di muffa, come i cori di legno, come i libri, gli oggetti e lo spirito che vi restano ancora custoditi, portandosi via, come il tempo, il ricordo e la fatica di chi in passato li ha occupati.

Non è il caso di edulcorare il ricordo, perché quei luoghi e quelle realtà sono state spesso luoghi di tristezza infinita, di prigionia, di custodia coatta e di confino, di abbandono; o sacche di resistenza oscurantista, devozionalismo formale a buon mercato, convenzione e superstizione. Non è che vi abbiano vissuto o le abbiano fondate solo santi. Metti le mani in quei registri (l’ho fatto) mettile negli archivi e mille risvolti saltano fuori, mentre altrettanti vengono taciuti, messi a tacere, pur se intuibili. Insomma, non è detto che siano i luoghi abitati dagli angeli. E non è detto che chi oggi vi chiedesse di entrare, lo sia. Non è neanche richiesto oltretutto.

Passo il giorno a interrogarmi sulla ragione, sul perché di questo ostinato silenzio, abbandono. E se non ci fossero i vincoli che abbiamo, ci metteremmo su a farne di nuovi (resterebbe il rammarico per l’abbandono di quel che è già in essere).

Perciò il cuore mi si allarga a rivederli certi posti – e Spello è tra questi come Sassovivo e come altri nel fulignate, nel parco del Subasio – e insieme, come un animo in pena, foscoliano, alfieriano, tra le lastre e il silenzio che assorda di quel che ne resta, torno a casa confuso, rabbuiato, dispiaciuto, frustrato.

A noi non dicono di ricostruir le chiese e i luoghi dello spirito come al Francesco di comune memoria, ma di lasciarle cadere. E questo ci avvilisce e ci addolora. Ma tant’è.

Paghiamo il fatto di aver fatto questo mestiere forse – di giornalista, temo – e di essere guardati con sospetto, quasi fossimo il diavolo in persona. O il nostro passato, o il presente da setacciare, qualunque esso sia.

Laddove il nostro innato voler sapere, chiedere, esprimere un pare, volerne ascoltare, vale molto meno che tacere e fare finta di non vedere tutto quel che abbiamo visto e che continuiamo a vedere. Amen.   

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