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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


COSTRUITEVI UN TEMPIO SENZA MUFFA

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 4 Marzo 2018, 19:46pm

Tags: #Lo spirito del viaggio

COSTRUITEVI UN TEMPIO SENZA MUFFA

Se è vero che la casa del Signore non è essenzialmente un tempio, anzi non lo è in alcun modo, mai; e che l’unico tempio che sia la sua casa è quello di un corpo vivente (“distruggete questo tempio e lo ricostruirò in tre giorni”); ecco allora che ogni tempio di pietra non può essere la casa di Dio, non proprio, ma solo la casa in cui possono raccogliersi, semmai. coloro che fanno da casa a questa sua presenza (o all’assenza di lui, colmano la distanza …).

Così, che se molti templi e chiese sono vuoti, oggi, non è questo esattamente il segno che la sua casa si svuoti. Lo è semmai molto di più il fatto che nessuno il quale si lasci abitare da Dio, cioè dal bisogno di lui o di quel che sia, si riunisca da qualche parte, che si incontri o che addirittura esista.

Dio, nei salmi si affaccia metaforicamente dai cieli per guardare se c’è ancora un uomo che cerchi Dio (cito alla lettera). Ora, se c’è qualcuno che lo cerca, Questi viene da lui e vi prende dimora, cioè vi mette su casa. Ed è questo probabilmente che manca, un po’. Ma non da ora …

E solo questo, al limite si potrebbe sostenere.

Molto meno probante pertanto il fatto che quei templi di pietra al modo di quello di Gerusalemme più di una volta distrutto, appaiano ora e non di rado desolatamente vuoti.

Più volte mi è capitato di riflettere sul fatto che questi pur apparendo pieni in ogni ordine di posti, dentro fossero abitati davvero da nessuno. Come a quei pranzi e a quelle feste tra familiari e conoscenti, un po’ formali, dove i cuori sono tutti da un’altra parte. E non solo perché non si vede l’ora che finisca.

Del resto se il vostro tesoro è altrove, il vostro corpo – senza un cuore – è qui solo una parvenza di voi: rappresentanza. Ed  è a questo che spesso si riducono le nostre (loro?) riunioni. Non solo.

Ma in ogni luogo dove sono quei templi chiusi a qualsiasi altra presenza diversa e non abituale, non c’è nessun tempio di Dio, perché Dio ha abbandonato quelli che avrebbero avuto la pretesa di essere suoi templi viventi.

Non per questo i templi meravigliosi di Bramante e Brunelleschi, di Borromini e di Bernini; i grandi capolavori della storia dell’arte sacra sono tesori artistici e museali da dimenticare. Forse però non sono mai stati luoghi in grado di ospitare Dio, sul serio. Non vi ha mai messo piede.  Perché è realmente difficile pensare che questi sia laddove il valore primario sembra essere il corteo delle gerarchie e una certa brama  e ostentazione del potere (sia detto al netto di tutte le varie e non infrequenti eccezioni). Così che i capolavori sono le espressioni di una genialità e di una perizia umana e anche la manifestazione pubblica, propagandistica, di un sistema che non si poneva il problema di individuare cosa fosse da intendersi per davvero come tempio di Dio (sarebbe bastato ricordare Davide che voleva costruire una casa di cedro per il suo Dio e l’invito a non farlo trasmesso dal profeta Natan: Dio non vuole questo!).

Non per questo si diventerà iconoclasti e nichilisti: solo si darà ad ogni cosa il proprio nome.

Ed il nome di Dio è Uomo (Vivente) piuttosto che Mausoleo. Il valore storico di tutto ciò che si conserva in quei luoghi insomma rimane fuori discussione. E questo va da sé.

Ma il tempio di Dio a cui inchinarsi sono le persone, il loro valore, la loro sacralità, i loro diritti, la loro inalienabilità. In essi è il divino, proprio perché non è schiavo.

Abitiamo templi che non sono Dio in ogni senso e direzione: un luogo di culto specifico e preferenziale, una situazione, un vecchio monastero abbandonato sì e una baracca no; una condizione: insomma una fissazione, pensando che Dio sia là e non altrove. Sono le idolatrie e le confusioni del cuore. Qualsiasi condizione è buona, qualsiasi stato sociale, ogni abitazione, ogni luogo ed esposizione. Dio si fa trovare quando non viene confuso con le nostre piccole manie. Di questo mi sento certo.

Facciamo tempio delle cose che ci hanno fatto felici d’altronde. Lo diventano certe case e certi posti dove lo siamo stati. Ci ritorniamo convinti che sia un luogo sacro, in qualche modo, che tanto basti a ritornarlo ancora. Che illusione!

Sono entrato in qualche casa custodita come un sacrario (mi torna la canzone: “quando poi ti lasciai, per esempio, trasformai la mia casa in un tempio”) ed ho pensato che fosse un terribile museo delle cere. Dio – ma neppure le cose e le persone che amiamo e abbiamo amato, che abbiamo perso - non è da Madame Toussaud.

Che errore, trovo, vivere a questo modo. Sprecando l’idea stessa di Dio. Che non è tra i morti, non tra le muffe delle mummificazioni dei nostri sentimenti. Ma semmai sta tra i vivi e sta con noi, prendendosi anche tutto il profano, il prosaico, il meschino e l’imperfetto assoluto che viviamo ogni giorno. Quei templi lì non vanno distrutti. E noi stessi abbiamo il diritto di scegliere la vita.

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