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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


IL MITO DELLA MADDALENA AL VAGLIO DELLA STORICIZZAZIONE

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 22 Luglio 2017, 10:08am

Tags: #la storia

IL MITO DELLA MADDALENA AL VAGLIO DELLA STORICIZZAZIONE

Al fondo del “culto” di Maria Maddalena vi è un indubbio equivoco di carattere storico ed interpretativo. Per molto tempo infatti alla Maria di Magdala che per prima accorre al sepolcro del risorto e a cui soprattutto per prima, attendendovi a lungo di presso, viene svelato da angeliche figure che quel corpo non è più lì ma è volato altrove, si è infatti sovrapposta la figura della donna pubblica e penitente che avrebbe bagnato di lacrime i piedi del Cristo; che li avrebbe asciugati con i propri capelli e che infine avrebbe versato il profumo pregiato sui medesimi piedi, facendo infuriare l’Arpagone/ Iscariota di turno.

Fatto sta che a questa possibile sovrapposizione si deve poi la diffusione di quella enorme devozione popolare sorta nei suoi confronti, a partire dal più pieno Medioevo (XII sec.).

E’ da quel momento difatti che se ne trova traccia. La stessa memoria è condivisa col martirologio di Beda, di siri copti e bizantini.

Diffusa d’altronde in quel momento e non di poco, la pratica della prostituzione, soprattutto in conseguenza della povertà endemica ma non meno a causa del continuo spostarsi di pellegrini (non eran tutti casti) e soprattutto di soldatesche, di squadre di ventura, furono dette non a caso “maddaleniane” tutte le penitenti che sembravano idealmente ripercorrere la via della Maddalena così intesa: dal vendersi, al cedersi del tutto solo a Dio.

Questo culto, diffuso come quello delle diverse Marie dei Vangeli e alla fine accomunate tutte in una unica data in memoria, trova eco nella toponomastica e nella denominazione assunta da luoghi, fonti e acque termali, templi e chiese, conventi a Maria Maddalena o alle altre Marie intitolati, in tutta l’Europa cristiana, anche in territorio germanico come conferma la ricerca documentaristica compiuta tra gli altri da Manselli e Delaruelle; centri oltretutto ancora attivi, e con la medesima denominazione, in piena età riformistica, anche nella luteranissima Germania.

Si tratta perlopiù di ospedali e di ricoveri dove ci si prende cura di donne abbandonate, rese madri fuori dal matrimonio, reduci da maternità difficili, di vedove e di orfani.

Un altro nome che contraddistingue ed accomuna questo genere di istituti è quello di Sant’Anna, madre di Maria.

Presso i Paesi celtici, germanici e franchi, con la stessa denominazione nascono nondimeno santuari, coi loro racconti di fenomeni miracolosi e straordinari, legati tradizionalmente al rinvenimento di nuove vene d’acqua, di nuove fonti guaritive, curative, benedette. Il simbolismo dell’acqua con la purificazione dal prostituirsi non lascia dubbi sul legame logico relativo all’immaginario più ovvio e più diffuso: acqua = purificazione, vedi la famosa storia dantesca del Bullicame.

Nella lettura ed interpretazione meno approssimativa della figura autentica (?) della Maddalena, si distingue per lucidità una delle omelie sui Vangeli di Gregorio Magno, che in Maria Maddalena coglie soprattutto un aspetto preponderante di santità: la perseveranza.

L’essersi soffermata presso il sepolcro, l’esservisi recata con risolutezza e senza perdersi d’animo, l’avere insistito per sapere e vedere, sono a suo avviso i segni indiscussi di una forza indefessa di una perseveranza che sarebbe segno evidente di santità, come a dire che solo chi persevera vede i suoi frutti. E che senza perseveranza è difficile raccogliere alcunché (chi semina nelle lacrime ...). Come dargli torto?

Si può leggere qualcosa di analogo anche nella Regola di Benedetto, a proposito del discernimento vocazionale, peraltro bruttissima parola. Anche se – detto anche oltre il brano di Gregorio – è chiaro che ogni lettura che non storicizza le nostre figure e credenze mitologiche (ad esempio era ovvio che fossero donne a quel tempo a recarsi al sepolcro per prendersi cura del cadavere, quindi convenzione e tradizione più che solo inaudita perseveranza) rischia sempre di far dire loro, di far pensare ai Nostri, cose che mai avrebbero potuto dire e pensare, solo inserendole in un preciso e circostanziato contesto storico. Ma anche questa della storicizzazione era una conquista ancora lungi da venire ai tempi di Gregorio Magno.

La donna di Gregorio in fondo è “solo” un simbolo che valica il tempo, ma nessuno ne potrà fare il clone, in altra epoca.

E questo vale per ogni discorso sulla santità e persino sul divismo, che ne è semplicemente una rilettura laica e un po’ profana. Coosì che è quella atemporalità antistorica che spesso ci frena di fronte al panegirico ed alla agiografia.

Come dovrebbe accadere del resto di fronte a qualsiasi tipo di divinizzazione (penso ai miti di celluloide e di vinile del nostro tempo). Il tempo ha i suoi santi specifici e i suoi modelli. Di certo, perseverare, quando non è diabolico, è ammirevole, e almeno questo a Maria Maddalena può essere serenamente ascritto.

 

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