Era sindaco di Roma, Walter Veltroni, al tempo in cui lavoravo sulle pagine romane de La Stampa. Ho avuto modo di incontrarlo ma onestamente mai una chiacchierata abbastanza lunga per poterne saggiare il peso. Come spesso mi è accaduto, dai potenti tendo a stare alla larga, salvo qualche piccola caduta che ho finito col perdonarmi, col tempo.
In definitiva, che Veltroni scrivesse e che avesse una buona fantasia, a ben pensarci si poteva presagirlo. Dopotutto la sua è una famiglia cresciuta a pane e comunicazione Rai. Come sindaco, si può dire onestamente, alla luce di ciò a cui abbiamo poi assistito, che Roma è città difficile da governare. E i suoi successori lo hanno ampiamente confermato.
Ora, di tanto in tanto mi capita di leggere cose sue sui quotidiani. Stamattina sul Corriere, una delicatissima intervista a Roberto Russo, compagno di Monica Vitti per quarantanove anni, suo custode fedele e premuroso anche ai tempi della lunga e silenziosa malattia dell’attrice.
Sarà stata l’aria del mattino e quel silenzio che ancora regna in questi nostri paesi già inondati dallo schiamazzo dei villeggianti e di chi offre loro servizi e bailamme. Sarà che finalmente mi sedevo tranquillo e mi godevo la brezza prima della calura. Sarà l’agio di poter pensare e dare spazio ai sentimenti; certo è che ho trovato il pezzo commovente.
Per l’ammirazione che portavo per lei. E per la dedizione di quest’uomo che racconta per la prima volta senza nessun particolare morboso e neppure lacrimoso, il lungo addio di lei alla presenza costante di lui, attimo dopo attimo al suo fianco, di fronte a una poltrona sempre più muta.
Non che manchino di queste storie passate nel silenzio, di gente comune – per tutti la parola può dirsi finalmente amore – ma ne mancano di quelle raccontate e vissute in certe case dove non te le aspetti (ah i nostri pregiudizi!); in cui leggerne è come un manifesto che si può fare. Che certe cose non le fanno né solo eroi anonimi, né poveri disperati che non saprebbero come fare altrimenti, non potendosi permettere altre forme di assistenze, altro aiuto.
E’ domenica e magari sarà sembrata più edificante a chi ha il compito di pubblicare le interviste che non siano esattamente legate al fatto del giorno (soft news). O invece deve essere che se penso a quelli anche che oggi celebrano Il Corpo del Signore, Corpus Domini, dico che non esiste un corpo che non sia quello umano a rappresentarlo: di cui prendersi cura, da proteggere, da tutelare, tergendo sudore dalla fronte e asciugando una lacrima di dolore o di gratitudine impacciata, qualora dovesse spuntare.