Overblog
Edit post Segui questo blog Administration + Create my blog

la voce di simeone

la voce di simeone

cultura e spiritualità


Cala il sipario, la maschera no

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 29 Novembre 2020, 17:50pm

Tags: #unica, #la dichiarazione

Cala il sipario, la maschera no

Stefano Massimi, sull’ultimo numero del Venerdì di Repubblica racconta di quando il grande attore shakespeariano, Edmund Kean, recitò per la prima volta in Canada, davanti ad alcuni rappresentati dei natives, Uroni. Tutti avrebbero creduto che si sarebbe trattato solo di un atto formale e che questi mai e poi avrebbero compreso quanto stava avvenendo davanti ai loro occhi. Infatti, quasi lo scambiarono per uno stregone, capace di vivere e di entrare così profondamente nella vita di un altro (dopotutto è una stregoneria, la possessione nda.). Solo che gli Uroni avevano compreso benissimo ed al termine dello spettacolo gli si avvicinarono, con insegne e monili, per offrirgli il ruolo di capotribù. Il nome che gli sarebbe stato conferito sarebbe stato “Colui che grida nella Tempesta”. Kean accettò.

Scrive Massimi: “Ogni volta che vedo recitare un attore, ogni volta che sento risuonare le parole che ho scritto ci ripenso: la forza del teatro sta tutta lì, in quell’essere un luogo in cui “si grida nella tempesta”, perché c’è sempre una bufera in corso, fuori dalla porta del teatro, c’è sempre una minaccia, c’è sempre una spada di Damocle che si fa sentire creature in precario equilibrio sul ciglio del baratro, ed è proprio da qui che trae senso il gesto dell’uomo di mettersi a nudo e raccontare, prendere un personaggio, narrarne la storia”.

Per cui – aggiungo – l’attore e l’uomo grande è quello che dimentica di sé, del suo personaggio, e se ne mette dentro e indosso un altro (è un atto di coraggio e di generosità, cioè di spoliazione e di solidarietà, di comprensione mai pelosa. Guai se fosse il contrario …) e vive quindi un’altra vita, un’altra condizione. Si smaschera del proprio per assumere dell’altro. Alla fine non lo riconosci più. Non si riconosce più. Vacilla. Accade spesso in quelle vite. Penso ai viali del tramonto e al capolavoro che ne fecero Billy Wilder e Gloria Swanson.

Ora, se l’atto del teatro non accade più - per ora, certo, per ora - gli stregoni stanno a riposo; e mettersi a nudo e raccontare è come se venisse in qualche modo precluso, per un tempo, due tempi e una metà del tempo, per usare immagini antiche ...

Chiuso il sipario, non ci si mette a nudo e non ci ferma a raccontare. Non c’è chi sudi e frema e si senta sull’orlo del baratro di fronte alla variabile imponderabile di una platea di Uroni e di cuori che si sorprende ad essere stupita. Non che così sia per tutti, per tutti quelli che vanno in scena. Alcuni raccontano e di alcuni vedi cicatrici lividi tumefazioni e deformità, fatica. Di altri, pelle liscia di un travestimento posticcio.

Trovo che si tratti di una buona metafora su cui riflettere: alle vite che sappiamo assumerci e a quelle che ci stanno a pennello tanto da risultare anodine. A quelle che invece ci squartano la pelle, come un Marsia, e che ci fanno vivere di una nudità bellissima e vera.

Sui corpi e sulle anime, troppo ci siamo divisi, culturalmente, a partire da ogni neoplatonismo di maniera. I corpi pieni di anima sono sacri e santi, più che anime scorporate. Chiuso il sipario, ci troviamo travestiti di nulla e di posticcio. Nessuno che racconti, nessuno che pensi ad altro che non sia il ritratto parossistico ed ossessivo di se stesso. Ciò che è patetico non sempre è commovente.       

Per essere informato degli ultimi articoli, iscriviti:
Commenta il post

Archivi blog

Social networks

Post recenti