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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


storia della danzatrice fuori contesto

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 30 Novembre 2020, 19:04pm

Tags: #unica, #salmi

storia della danzatrice fuori contestostoria della danzatrice fuori contesto

C’è una statuina del presepe (c’è almeno in quello che a casa dei miei viene realizzato fin da quando eravamo bambini) che ho sempre considerato come una presenza esotica ed impropria, in quel contesto. Si tratta di una giovane donna, di carnagione scura, velata e vestita in fogge mediorientali, che tiene in alto un tamburello e sembra suonarlo per celebrare la festa a cui partecipa, e che a me sembrava del tutto fuori contesto, tanto da nasconderla nelle retrovie, quando mi era consentito.

Che sia arabeggiante e che ricordi in qualche modo le donne delle Mille e una Notte mi pare fuori discussione. Bisognerebbe vederla, per capire; ma del resto credo che molti ne posseggano una simile. Ed ora, dal momento che non c’è statuina “commerciale” che non sia made in China, e considerando come quell’industria almeno in campo teologico non vada tanto per il sottile, anche perché – diciamolo – il presepe è fatalmente estraneo alla loro cultura; vedo che la stessa continua ad essere riprodotta su larga scala. Una variante è costituita, sul nostro presepe di casa almeno, dalla presenza al suo fianco di un orso levato su due zampe, che sembra ballare al suono di tamburelli e timpani. Non so chi scegliesse le statuine a casa mia, ma sono certo che si trattasse di chi non doveva essere insensibile in generale alle variabili esotiche della vita, fosse pure la Natività di Nostro Signore.

Leggendo tra gli altri il salmo 67 (ma ricordo anche il 150 sul tema) vedo che la ragione di questa variazione non è poi tanto inspiegabile e neppure infondata. In quel testo si comincia col celebrare la vittoria sui propri nemici. Per questo, mentre in corteo si sale sul monte di Sion e si festeggia per la gioia del ritorno e per aver vinto sul nemico, ecco che – come nelle processioni in cui Davide precede e danza dinanzi all’Arca dell’Alleanza – trovo i versi seguenti: “Appare il tuo corteo, Dio, il corteo del mio Dio, del mio re, nel santuario. Precedono i cantori, seguono i suonatori di cetra, insieme a fanciulle che suonano tamburelli. Benedite Dio nelle vostre assemblee, benedite il Signore, voi della comunità d’Israele. Ecco, Beniamino, un piccolo che guida, i capi di Giuda, la loro schiera, i capi di Zabulon, i capi di Neftali”.

Ecco, la base ritmica – come nel presepe di casa mia – è affidata alla componente femminile che accompagna con la danza ed il movimento la processione, peraltro senza le intenzioni venefiche di una Salomè e di sua madre ovviamente, ma giustificandone però la pertinenza storica. Donne e danzatrici di tal fatta, festanti e soprattutto se allusive e pertanto conturbanti (ma non è questo il caso), appartengono all’immaginario collettivo di quella che diremmo “cultura mediterranea”, o forse meglio “arcaica”, riconducibile ad una antropologia fortemente al maschile.

Non suonano le nostre le zampogne e gli strumenti a fiato del presepe e delle feste pastorali (nulla lo è di più, valutando di quale materia sia fatta una zampogna). Non fanno ahimè che da contrappunto e da contorno di accompagnamento (l’armonia spetta ad altri). Anche se senza la ritmica, la musica in effetti è più povera, tanto più quelle della festa.

Siamo portati in genere a pensare all’ebraismo ed alla sua cultura secondo canoni eccessivamente seriosi se non solo penitenziali, luttuosi; il che pure sarà, pensando alla loro storia di esodi e di diaspore, mentre questo aspetto festoso e celebrativo un po’ ci sfugge (le feste di maschere e i doni per bambini, per Hannukah per esempio non mancano). Per noi è sempre e solo diaspora e Giornate della Memoria.

Lo stesso, per estensione e per distorsione storica potrebbe dirsi per la tradizione cristiana. A parte le contaminazioni e le infiltrazioni (pure mafiose) di certe feste patronali, il cristianesimo inteso solo come penitenza e compunzione è in realtà una lettura parziale, un falso teologico, legato a stretto filo ad alcune fasi specifiche della storia (dal Medioevo turbato dall’incubo della fine e della morte, alla Controriforma). Nei primi secoli non era così (vd Atti), nonostante la minaccia concreta della persecuzione e del martirio. Le donne che danzano, i bambini i vecchi gli uomini e gli esseri tutti che fanno festa sono una presenza reale e visibile di salmi come il 148 ed il 150.

In quest’ultimo si dice “lodatelo con il suono del corno, lodatelo con l’arpa e con la cetra. Lodatelo con tamburelli e con danze. Lodatelo sulle corde e con i flauti. Lodatelo con cimbali sonori, lodatelo con cimbali squillanti”.

Insomma, questa immagine melanconica funesta, mesta che ci diamo non è giustificata; come non lo è la melanconia depressa di certe immagini che vogliamo dare alla festività del Natale. Sarà che dietro ogni gioia si nasconde pure la sensazione della sua fragilità, del tempo che passa, della conta di quelli che ci siamo persi per strada e della consapevolezza che lo stesso toccherà a noi. Il che non esclude che il presente, averlo, poterlo gustare, vale bene un orso su due zampe a ballare, mentre portiamo il ritmo della vita che trascorre e respiriamo ancora, tra piatti e tamburelli. Fossero pure solo vecchi coperchi e poveri presepi. Del doman non c’è certezza, ma di questo momento, sì.         

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