Overblog
Edit post Segui questo blog Administration + Create my blog

la voce di simeone

la voce di simeone

cultura e spiritualità


Sul rotolo del libro di me sta scritto - il rischio dell'auto-investitura

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 5 Giugno 2020, 15:42pm

Tags: #salmi

Sul rotolo del libro di me sta scritto - il rischio dell'auto-investitura

Nel rotolo del libro di me sta scritto …

Il versetto del salmo 39 viene citato anche nei Vangeli, nell’atto in cui è recitato da Gesù al centro della Sinagoga, al fine di indicare come la profezia che i suoi connazionali stavano aspettando si stesse avverando: “io sono venuto tra voi, perché così era stato profetizzato”. Si trattava di una vera e propria auto-investitura.

La lettura e la citazione viene rafforzata dal fatto che il rotolo venga aperto a caso, come se Dio stesso in quel momento si stesse  pronunciando.

La lettura profetica (apri una pagina sacra a caso e interpretala come una rivelazione) è una pratica che non è mai stata abbandonata del tutto nelle comunità cristiane. Per quanto qualcuno possa paventarne un uso strumentale e quasi magico della Parola e delle Scritture, si tratta infatti dello stesso “mezzo” usato da non pochi uomini di cui in seguito è stata dichiarata la santità di vita. Il che, nella migliore delle ipotesi confermerebbe la liceità dell’operazione. Nella meno buona, il fatto che anche tra i migliori tra gli uomini albergano inevitabilmente debolezze ed errori anche di grammatica religiosa. Anche se io propenderei per una terza via ancora: quella per cui queste rivelazioni sarebbero riferite a loro in quanto parte di un’abitudine retorica consolidata e reiterata, nel senso che non ci potrebbe essere santo di cui non si debba raccontare che sia stato profetizzato. Potrei passare in rassegna a questo scopo un numero infinito di esempi.

II ricorso sistematico a questa prassi acquista i caratteri dell’abuso, anche della pazienza del Padreterno, credo. Mentre al fondo è l’antica convinzione che, esclusa la mediazione della Chiesa istituzione, magistero e sacramenti compresi, il dialogo tra Dio e l’uomo sia possibile “im-mediatamente” e in maniera del tutto individuale.

Siamo abituati agli indovini (Simon Mago però non costituirebbe un buon precedente) ed all’aruspicina, dotazione romana etrusca ed in genere mediterranea, o semplicemente primordiale.

Dio parla al suo popolo, spesso sotto forma di enigma (lo fa anche Cristo, in parabole); e lo fa in un linguaggio per iniziati (la torre di Babele è viva anche a certe altitudini e le ha preparate, vd. le lingue incomprensibili in cui parlano i cristiani conosciuti da Paolo).

Vorrei ricordare qui per inciso che la favola di Francesco ha inizio con la parola profetica “va’ e ripara la mia chiesa”. Anche qui un rotolo del libro (ho letto lo stesso per Antonio abate, invitato dapprincipio a vendere ogni cosa e a lasciar tutto) o comunque una parola che parla come a Samuele che risponde “il tuo servo ti ascolta”. In ultimo, ogni vocazione parte da una parola che rivela e da una interlocuzione.

La questione diventa molto più spinosa quando, sulla scorta della malafede o dell’autosuggestione, le persone ritengono (o vogliono far ritenere) di essere venute al mondo, di essere state pensate, per questa o quell’altra missione. Nel qual caso, il pericolo di incappare in qualsiasi ossessione spacciata per dettata da “intervento divino”, finisce non a caso col condurre a eccessi, violenze, forzature, strumentalizzazioni, conflitti, non solo teologici, non solo ideologici e politici, non solo verbali.

Sentirsi ciascuno di noi chiamati alla vita (nel rotolo del libro di me sta scritto) può salvarci dal sentirci casualmente al mondo e come tali inutili e senza senso, contingenti (che si sia vissuti o meno, nulla cambierebbe e nulla sarebbe cambiato). Dall’altro solletica la nostra vanità le nostre pretese di essere insostituibili e  chiamati provvidenzialmente ad essere questo o quell’altra cosa. E soprattutto ci spinge ad interpretare ruoli in cui stiamo o troppo larghi o troppo stretti, perché un uomo dopotutto non si esaurisce mai in un ruolo, fosse anche il più grande. E fosse anche che di noi fosse scritto.

Il versetto da cui siamo partiti si conclude “di me sta scritto di compiere la tua volontà”. Che non aggiunge molto, perché chiunque si fosse convinto che di sé è scritto, ha già in mente una volontà ed una propria missione precisa. Che non è detto sia. E non è detto sia quella giusta.

Sarebbe bello pensare invece che di noi sta scritto di vivere per compiere un disegno che non ci è dato conoscere, non subito, non improvvisamente e mai del tutto. E che qualsiasi esso fosse, deve passare dalla nostra libertà e dalla nostra disponibilità comprendere anche altro da ciò che vorremmo. Disposti quindi a cambiare strada, qualora quella intrapresa si fosse dimostrata fallace.

Voler ammantare di un disegno provvidenziale quello che è una nostra fissazione, talora onesta, altre strumentale, è la più grossa delle malizie possibili ed è la garanzia più sicura di ogni infelicità, nostra e altrui.   

Per essere informato degli ultimi articoli, iscriviti:
Commenta il post

Archivi blog

Social networks

Post recenti