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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


Delle imprese impossibili che danno vita

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 14 Giugno 2019, 10:57am

Tags: #Lo spirito del viaggio

clerici vagantes

clerici vagantes

Non si deve aver paura delle imprese impossibili. Tenendo presente certo, che si tratta di operazioni molto ardue e complicate. Ne sono specialista, se vogliamo.

In conseguenza di ciò, averle mancate non diventa quasi mai frustrante. Lo sarebbe stato di più non averci pensato. Non averci provato. Potrebbe essere una buona base per un aforisma e invece non lo è, non esattamente.

Prendete l’idea di mettere su una storia più o meno organica di adulti “monaci”, solitari studiosi contemplativi e di metterli un po’ a parte rispetto al mondo. Di convincere qualcuno che si potesse fare. Di impresa ai limiti con l’impossibile si trattava e come tale ha conosciuto molti bruschi risvegli. E molti bastoni tra le ruote. Non ci avessi provato e non lo sognassi ancora (anzi, mi adopero tuttora) sarebbe stato assai peggio.

La pagina di facebook che ho appena eliminata (è così da questa mattina), la pagina dell’opera monastica, ha chiuso i battenti per le ragioni che più volte ci siamo detti, di recente. E va ripensato un po’ tutto sul modello di comunicazione ammesso che sia questo uno degli obiettivi. Ogni volta a dover spiegare chi ero e così via ...

Impossibile no, ma faticosa situazione, senz’altro. Contento di averci provato.

Come aver lasciato la mia prima occupazione quasi subito, anni fa, per il desiderio di scrivere, e poi di fare teatro. Tra le tante, ultime, quella di studiare daccapo tutta la Divina Commedia. Di scriverne addirittura. Così che quelli che è questo che dicono di fare da una vita, sui social, molti “colleghi” professori, stanno lì a guardarti con sufficienza come a dire “e chi sei tu dunque, ultimo arrivato?”.

Siccome stanchi non siamo mai, non lo è per ora cervello e cuore, adesso ho in mente quella di mettere assieme, di raccogliere, i passi dei Vangeli, quattro cinque dieci, che più hanno segnato la mia vita e la mia immaginazione. Quelli che mi hanno fatto partire, lasciare molte cose, cominciare a vivere un po’ da pellegrino, un po’ qua e un po’ là, a provare, ad essere ospitato, a non essere riconosciuto, a fare il solitario e l’eremita, a cambiar di nome come si faceva una volta per le consacrazioni ed i voti pronunciati (ogni è molto meno in voga). E poi tutto ciò che non sto qui a riferire. Mica per fare l’eroe. E’ stato entusiasmante e persino divertente a ben vedere.

Mi sono reso conto una volta di più, in questi ultimissimi giorni, che quest’opera impossibile ed ambiziosa poteva esser fatta. Non che voglia fare il sunto come un antico Diatessaron che dei Vangeli faceva un sunto minestrone. Ma proprio come una scelta consapevole di quello che mi ha segnato e che può segnare invero tutte le persone.

Perché continuo ancora ad emozionarmi quando si parla di bisacce da lasciare, di sandali, di campi, di soldi, di case e di parenti. Di polvere per le strade. Perché fremo ancora se penso ai gigli dei campi, agli uccelli del cielo, che loro sì vestono abiti meravigliosi e volano alti.

Non so quali corde siano ancora e sempre capaci di toccare. E penso e spero che gli ultimi istanti della vita giungano immaginando come sul finale gigli e campi e volo d’uccelli e batter d’ali verso la libertà che abbiamo vagheggiato tutta la vita.

Che sono gli argomenti che del Vangelo penso catturino la metà degli uomini e delle donne di questo mondo. Non è la morale e neppure la dottrina, la promessa di giustizia, del premio. E’ quella della libertà che ci conquista. Niente di più.

Mi ha appena scritto un mio giovane amico per riferirmi “non ci crederai, ma ho preso a leggere qualche pagina del Vangelo”. Ci credo invece e sono certo che sarà incappato in quelle che dico.

Dopodiché, sarà difficile liberarsi dalla voglia che sia vero. Che molto dipenda da noi. Che molto dipende dalla forza del nostro desiderio di conquistarsi una reale libertà.

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