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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


SE L'AMORE NON E' UN COLERA - giornate contro l'omofobia -

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 18 Maggio 2018, 09:31am

Tags: #recensioni

SE L'AMORE NON E' UN COLERA - giornate contro l'omofobia -

Ho appena letto un po’ di fretta, tra le agenzie dell’Ansa, una preghiera da poco vergata (!), direi, contro l’omofobia, lanciata in occasione della giornata indetta contro ogni forma di discriminazione.

Si tratta di una preghiera composta da un vescovo italiano, siciliano, arcivescovo anzi, a Palermo. Se una preghiera sarebbe stata conveniente, senza meno (ma questo consideriamolo pure come un mezzo passo avanti. nda.), essa sarebbe dovuta essere in primo luogo una lettera di scuse, in cui cioè “si chiede scusa e perdono”, beninteso. Non “di scuse” intese come sotterfugi. Di scuse, perché direi che all’idea della persecuzione e della discriminazione diffusa, fino alla pena di morte, in passato, certe interpretazioni hanno fatto da presupposto ideologico e da alibi pseudo-culturale.

La gente comune di ogni epoca del resto, le cose non se le inventa da sé, se non le sente circolare per poi farle proprie. Dopodiché esse divengono come l’aria che si respira, patrimonio pubblico e semplificazione. Diventano banalità ed infine crudeltà gratuita becera e bestiale.

L’idea del “contro-natura”, per capirci, non nasce se non da questo genere di matrice e stupisce ancora assai che di questo si parli, quando non c’è aspetto della nostra e dell’altrui fede che alla natura, per così dire, vale a dire alle scienze positive esatte e semplicistiche, cataloganti, non si contrapponga in modo evidente ed orgoglioso. Pensate a tutti i dogmi della fede, dalle storie dei Vangeli, resurrezioni etc.; alle trasformazioni che contravvengono le leggi della fisica e della biologia. Pensate alla transustanziazione (vino e sangue che si fanno sangue e corpo). Pensate persino a quanta fede si ponga in apparizioni, levitazione, bilocazioni, rivelazioni, e così via.

Pensiamo infine a quanto sarebbe, se si vuole, “contro natura” la scelta di chi vive in povertà, in ristrettezze, senza una vita affettiva tradizionale, nell’astenersi dall’attività sessuale e così ancora. Tanto “contro natura” che infatti il mondo non comprende e che la teoria sostiene che “colui che crede” non appartiene appieno “de facto” a questo, di mondo.

Sarebbe troppo lungo provare ad analizzare la fondatezza di certe teorizzazioni e di quelli che anche a me paiono dei grossi pregiudizi culturali, anche giudaico-cristiani (non che altrove stiano meglio!). Mentre molto starebbe innanzitutto nel provare a leggere della necessità primitiva dei popoli arcaici e delle comunità, di garantirsi la continuità e la procreazione. Di assicurarsi in breve un ordine sociale omologante ed una regola che quest’ordine lo tutelasse. Sta tutto in una società di pastori, che pure alla solitudine ed all’omosessualità pagavano sicuramente il proprio, di dazio.

Ora, però tra una riga e l’altra delle Bibbie, per fortuna, il diritto di ciascuno a credere, qualunque fosse la propria condizione, traspare, come una sorta di raggio luminoso. L’eunuco incontrato da Filippo per strada che legge il libro di Isaia, chiede di capire e poi di essere battezzato, cioè di essere amato ed accolto, per quel che è, non “uno meno di noi”.

Così come in generale la sensibilità proverbiale – non dico sempre vera, come per tutti del resto - della persona omosessuale non capisco perché dovrebbe ritenersi estranea ad una qualsiasi sensibilità religiosa. Non si tratta forse di uomini con la medesima, anzi spesso anche maggiore, ansia d’infinito? Nessuno deve emendarsi oltretutto, questo è il punto, per quel che è. Perché anche l’omosessualità, come ogni altra condizione può trasformarsi in un gran dono - anche di Dio, se vogliamo – e non solo in vista della continenza possibile, ma anche di tutto l’amore che gli è proprio e gli è congeniale. Che nasce – almeno lo è stato per il passato – anche per il grande dolore vissuto per non esserlo quasi mai stati, mai in pubblico dalla gente comune, che ne era spaventata ed insieme banalmente incuriosita. Questa è la realtà – anzi lo è stata – di gran parte di questo Paese e in generale dell’Europa cristiana (dell’ecumene cristiano). E questo ed anche peggio, molto peggio, è quel che si sa dei paesi africani ed asiatici, di quelli di marca induista e musulmana ad esempio. Ma noi siamo diversi – ed è questo che mi sento di dire – se è vero che dell’amore facciamo una bandiera, cioè l’unica condizione perché ci si distingua da quel mondo di cui parlavo qualche riga prima.

Che proprio la Chiesa mantenga il punto e il pregiudizio sembra infine paradossale, considerando la quantità dei cristiani omosessuali; degli uomini (e delle donne) consacrate, di preti e religiosi, senza che questo nemmeno per me debba costituire un motivo di scandalo, sia ben chiaro. E perché mai?

Il pregiudizio e la reticenza nascono dalla paura, temo. Così come per molti, certi luoghi e ruoli anche, magari senza una piena consapevolezza della cosa, sono stati un buon rifugio, pur senza voler pensare per forza alle scelte compiute per sola malizia.

Da nessuna parte, nelle parole del Cristo vi è poi un giudizio liquidatorio e denigratorio in quanto tale sulla persona omosessuale. Ma semmai, e questo vale per qualsiasi genere di sessualità si viva, ci si esprime solo in merito al rispetto dovuto, sempre e comunque, alla persona. Perciò si parlerà, al più, espressamente (e si giudica), di idolatria del sesso, quando ad esempio ci si riferisce a quelli dediti alle orge ed al piacere, come al più sommo dei beni. Il che poi non dipende dal ruolo che svolgi nel tuo privato, ma dal ruolo che ha la sessualità nella tua vita. Semplicemente  da ciò che metti al centro della tua esistenza e dal rispetto che hai dei corpi (il tuo e quello altrui) e delle persone, che mai possono ridursi ad essere solo il mezzo per ottenere quello che tu vuoi e che pretendi da loro, persino usando il tuo ruolo e il tuo potere, la tua possibilità di ricattare e di usare la tua forza contrattuale per avere quel che neppure ti vorrebbero dare.

Molto peggio, direi, in un moralismo mascherato e in una censura che si fa anche autocensura, vivere il tutto come pulsione controllata e frustrata, colpevolizzante, rubacchiando pertanto palpeggiamenti e molestie varie che, queste sì, rischiano di diventare l’esito della via della demonizzazione e della proibizione, visto il fascino innegabile di tutto quello che proibito ci viene, per definizione.

E se difendere ciò che è espressione della diversità anche della natura e dell’amore è non solo necessario, ma eticamente inappuntabile, vivere quell’altro orizzonte malmostoso e malato è ciò che bisogna evitare e combattere in ogni modo, cioè con l’educazione alla diversità appunto. Non è un delitto!

Ho decine di amici e amiche omosessuali, di lettori, alle quali, parlando di cristianesimo, so di spezzare il cuore, visto il modo in cui si sono sentiti trattati. Ed io parlo e scrivo anche per loro e tra loro. Credo in un cristianesimo che li abbraccia tutti, a fronte della loro onestà e del loro sacrosanto diritto di vivere. Ed anche di sperare in un Dio. Ci mancherebbe …

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