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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


ZEPPOLE DI SAN GIUSEPPE E MESTA TEORIA DELLA GENTE COMUNE

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 19 Marzo 2018, 08:17am

Tags: #la storia

ZEPPOLE DI SAN GIUSEPPE E MESTA TEORIA DELLA GENTE COMUNE

E’ cominciata la stagione delle zeppole, i dolci di san Giuseppe. Ne gustavo in particolare la farcitura, crema ed amarena.

Basterebbe questo, per dirlo: la primavera è vicina ma l’inverno è ancora tra noi con il freddo la pioggia e anche la neve in pianura. Non finisce più. Non finisce quest’anno, come non vuole finire la domanda attesa da sempre. Ce n’è?

Passano le generazioni (ne ho vista già qualcuna), e passano i tempi della storia. Il Cristo, nella storia sembra non volersi appalesare più. “Se vi aspettate che si faccia vedere, ne rimarrete delusi” – diceva ieri il parroco in pompa magna, mentre sudava in mezzo ai fedelissimi suoi ed agli ultrà. E allora uno si chiede perché mai dovrebbe essere così e perché mai sia quel Cristo così ostinato a non voler fare intravvedere neppure un lembo della veste.

Ci obiettano che la si vede già, nelle occasioni, negli incontri, nelle persone, in quelle strane coincidenze che non sappiamo spiegare. Solo che – come dire? – almeno un profumo, un’ombra, una mezza apparizione mica sarebbe male! – sia detto con rispetto … E che la gente vive e muore con mesta naturalezza, se è possibile, ed ha atteso ...

Ci assicurano che lo incontreremo di là.

Se mai mi dovesse capitare, gli vorrei dire che la gente educata non fa così. Che la puntualità è segno di rispetto e di buona educazione appunto. Anche se un appuntamento non si può onestamente sostenere che lo abbia mai fissato. Non a noi. Le liste di attesa erano lunghissime. Per questo ci siamo rivolti al privato.

Le zeppole di san Giuseppe, basta volerle, e a Roma, in qualche pasticceria, si trovano tutto l’anno. Anche i preti, a dirla tutta …

Ma con Gesù abbiamo sperimentato che però sarebbe tutt’altra cosa. E’ forse che dobbiamo accontentarci ed abituarci, così dunque “allenarci a pensare” che egli sia anche nel vicino e persino in quelli che ne dovrebbero fare da officianti le veci. Il rischio – ampiamente sperimentato su di un buon campione di genti e di generazioni – è che non si attenda più. Che non ci si creda.

L’Iperuranio e il Paradiso lo tengono impegnato nel Domino e nel Risiko, e noi pedine e piccole fiches che finiscono sotto il tavolo. Mi piace molto, oltre alle zeppole ed agli shou di giornata, la storia di “quel tale” san Giuseppe che avrebbe dovuto fargli da tutore. Che l’avrà visto crescere e anche imparare e poi partire. In fondo, pure lui fu un figlio prodigo e fuggitivo: prima in falegnameria e poi se ne va in giro per il mondo, no? La fine – si sa – è stata quel che è stata: non proprio umanamente gloriosa.  

Ma, detto ciò, ce lo vedete il Figlio di Dio vicino al falegname, imparare a piallare e a lucidare e a metter chiodi e pece e quel che sia? Quello, gli vedeva fare tutto senza che nessuno glielo avesse insegnato, con una velocità che neppure il migliore dei mestieranti, una specie di maghetto che Dio ce ne tenga lontano, spesso spocchiosi occhialuti supponenti ed antipatici il giusto. Sempre “lo so, lo so come si fa, lo so” davanti a tutti i tuoi tentativi di spiegare. Non sapeva invece come sarebbe finita (?) ad andarsele a cercare raccontando che si era il Messia.

Di fronte alle mie obiezioni del tutto giocose, seriosamente mi si faceva osservare giusto l’altra mattina che in quanto “vero uomo” e non solo sua imitazione, il ragazzino di Nazareth aveva davvero dovuto imparare e studiare e far fatica. Io so che, se gli avessero fatto il calcolo del Quoziente intellettivo, ne avrebbero scoperto l’arcano e che “hai voglia a volerti far capire …”: quello ha già inteso tutto.

Un figlio così - sia detto con la solita deferenza – è una bella scocciatura. Ti fa sentire un cretino e uno inutile, un fantoccio messo lì, a reggergli il gioco.

E’ la stessa sensazione che si prova noialtri, ad essere sinceri. Non sappiamo bene a quale gioco stiamo partecipando ed in ogni caso ci sentiamo presi un po’ in giro. Primo, perché le regole non sono chiare – tranne che tu sia un po’ rimbambito – e che soprattutto le cambiano a partita in corso, il che – ci sia consentito – non è regolare. In secondo luogo, perché le regole vanno decise assieme e condivise. Non che uno si svegli la mattina e decida lui per tutti, neanche fosse il Re Sole.

Io, ai giochi di chi ha potere di vita e di morte sui giocatori e sulle persone, francamente non ho nessuna voglia di partecipare. Pare che neppure il Giuseppe di cui sopra.

E’ che apparvero gli angeli in sogno e glielo imposero. Lui vi si piegò, manco si trattasse della livella del falegname; e infine si trovo in questa storia che lo vedeva solo in secondo piano, da attore assolutamente non protagonista. Hai voglia a dire alla gente che anche il ruolo di Giuseppe è importante per i credenti ed i cristiani!

Ne ho viste di statuine sue, nei presepi, bruttine e sfocate, messe sulla stessa linea del bue e dell’asinello, ben dietro a Maria e a quel benedetto Bambino!

E’ la storia di troppa gente, tra noi.

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