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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


UNA MOLTO APPROSSIMATIVA GEOGRAFIA DI AGOSTINO - fatta solo per amore -

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 28 Agosto 2017, 16:33pm

Tags: #recensioni

UNA MOLTO APPROSSIMATIVA GEOGRAFIA DI AGOSTINO - fatta solo per amore -

Dal momento che di Agostino (parlo del santo e del filosofo) ritengono di avere scritto tutto, mi son trovato a compilare in alternativa, questa specie di schema, per tenerne ferma in mente una sorta di geografia e di carta di navigazione.

Senza troppo soffermarmi, è ovvio.

Agostino e l’amicizia, per cominciare. Alipio, Adeodato, Ambrogio. Mi sembra un aspetto essenziale nel suo cammino fatto di condivisione: di esperienze umane e di esperimenti; anche di vita monastica vissuta in comune. Scrive nei Discorsi: “Se non hai tempo di riflettere su tutte le pagine sacre, di togliere il velo ai sacri discorsi, di penetrare tutti i segreti delle Scritture, attieniti alla carità (che è relazione ndr.) su cui tutto si fonda. In sostanza, quel tanto che capisci delle Scritture, è carità che ti si rivela, e quello che non capisci è carità che ti resta nascosta”.

Amo personalmente la Scrittura, indago per vocazione; ed amo comprendere e capire. Ed anche questo è carità – direi con Agostino.

La sua amicizia con Alipio è divenuta proverbiale. Alipio, poi santo, fu davvero suo compagno di avventura a Cassiciaco, dopo avere ascoltato Ambrogio, vescovo a Milano. Adeodato è invece il figlio per così dire “illegittimo” di Agostino, frutto di una relazione consumatasi prima della sua conversione.

La geografia di Agostino è presto detta: Cartagine, Tagaste, Ippona. Si tratta del Nord dell’Africa, ai tempi ultimi dell’Impero. E’ probabile che i tratti somatici di lui fossero quelli del berbero, come in Botticelli. Non è detto, però.

All’orizzonte, intanto spingono i Vandali. Il 430, appena prima di morire, avrebbe visto molto da vicino l’ecatombe della grandezza universale di Roma dentro la sua casa. E così l’avrebbe spiegata: “la città degli uomini è destinata a morire!”. Ma della geografia agostiniana fa parte pure Ostia, a piena ragione, con le “estasi” condivise con sua madre, la spiaggia di Ostia soprattutto. E ancora, Milano e Cassiciaco, fuori le mura, dove fonda il primo nucleo di comunità, una comunità di filosofi e di sapienti, di ricercatori ancora insoddisfatti ed inquieti “donec requiescat in Te”.

Le spoglie di lui viaggeranno fino in Sardegna, in modo leggendario e avventuroso, per essere sottratte agli invasori. Poi il viaggio misterioso che le porta fino a Pavia. Oggi, San Pietro in Ciel d’oro. Un’emozione avvicinarsi all’urna, per me, e pensare a quella grandezza che nasce anche dal riconoscere la propria miseria, il proprio vuoto, per non sapere ancora abbastanza.

Fosse stato tronfio del suo sapere, Agostino sarebbe rimasto un retore come tanti, brillante e pomposo, un uomo pieno di sé. Per me è una lezione: poco da dire!

Confessioni e amore per la scrittura. Al liceo, ed anche nei manuali universitari, di Agostino non sembra esistere che quest’opera: Le Confessioni, che dicono “il primo romanzo autobiografico a sfondo psicologico” –  come ripetono un po’ pigramente gli autori – richiamando in anticipo flussi di coscienza alla Joyce ed alla Proust, richiamando il senso e la riflessione sul tempo della filosofia di Bergson.

Rivoluzionarie in effetti le Confessioni; ma non dicono abbastanza né del filosofo e neppure del santo e del teologo.

Altrove, nella produzione sterminata nata “ad usum” dei fedeli (incredibile la massa di scritti di questo vescovo scrittore) ci sono gemme incommensurabili, spunti che illuminano e che fanno discutere. Non vedo ancora la bellezza del Creatore, ma la più smorta immagine nelle Creature. Ciò che non vedo lo credo; quello che credo io lo amo; e quello che amo io lo vedo.

Che fa il paio  con quanto segue: Rendete a Cesare le cose di Cesare e a Dio le cose di Dio. Egli voleva dire: se Cesare pretende di trovare la sua immagine nella sua moneta, non pretenderà Dio di trovare nell’uomo la sua immagine?

Grazia e peccato dunque: capitolo apertissimo.

Non mi avventuro mica, su questo terreno minato. Non appena si apre la bocca su Riforma e Lutero, sul tema trattato nell’etica protestante, ecco rimandare al legame innegabile con il pensiero sviluppato da Agostino. Qualcuno la dice “pessimismo e ipertrofia della predestinazione”. O “è rimasto manicheo in fondo, fino alla fine”. Anche questo ho sentito. Ma chi studia, non si deve scandalizzare, mai.

Poi, in verità, non esiste in santo o pensatore una riflessione immune da imprecisioni, incomprensioni, limiti e prese di posizione assunte in conseguenza della propria storia, delle proprie radici e del radicamento personale qui piuttosto che altrove.

Il realismo di Agostino però non deve spaventare: Quaggiù però non si può vivere senza di essi (i peccati ndr), non fossero che piccoli o veniali o leggeri. Ma non si devono trascurare neppure quelli leggeri o veniali. Sono le piccole gocce che formano i fiumi […] Ma i marinai non restano in ozio se la nave si riempie d’acqua e la svuotano con le mani. Datti da fare. Le tue mani siano in movimento. Fa’ delle opere buone, le tue mani siano febbrili.

Ora, la condizione umana non ci lascia inerti, non l’inclinazione che è senz’altro, ad operare in un certo modo. Non si può parlare di insanabile pessimismo insanabile e cupo per uno che in ogni caso invita ad operare. Chi si ritiene sconfitto dalla natura, dalla predestinazione e dal Caso, se ne sta semmai con le mani in mano. Tutto è già scritto e chi c’è, c’è …

Ci pensavo stamane.

Allora, o la vita è un dolore inutile, facendo il verso a Pavese (essere cose e vite inutili che mi rimanda a tutto l’esistenzialismo noto in Sartre, per cui passioni inutili saremmo, pertanto, gettati là). O invece si tratta di un travaglio del parto, che genera e produce.

Non esiste in questa dualità, la via per un galleggiamento anonimo ed insignificante. Questo mi piace di Agostino, né solo di lui.

Grandi ammiratori e studiosi di lui sono stati tra i tanti, papa Ratzinger e papa Montini.

Sull’immaginetta a tergo della mia piccola reliquia da contatto di Agostino, presa anni fa a Pavia, è la preghiera composta da Montini per il vescovo di Ippona: “O santo padre Agostino, sii a noi maestro di vita interiore”. 

In essa si parla di pensiero e di verità, di amore.

Mi sembra che siano le stelle polari del filosofo, forse di ogni filosofo. L’amore che genera il pensiero non può che cercare la Verità. Ed una volta trovata, nella misura in cui e se avviene, attraversa il mare e i continenti.

La perla preziosa trovata a Milano, se la porta nel cuore e nelle cose che ha scritto che non cessano a loro modo di smuovere e di emozionare, di far discutere.

Il desiderio prega sempre anche se la lingua tace.

Per me, averlo incontrato è stato una fortuna. Meglio: tutta Grazia o tutta Provvidenza. Dipende dalla chiave che vogliamo dare alle cose che ci occorrono nel tempo e nello spazio – direbbe lui – che ci è dato da attraversare. Che sarebbero una convenzione, detto per approssimazione: cioè un’impressione e poco altro. Come lo sarebbe l’incontro con ciò che già non era che in noi e con noi, interior intimo meo, cioè costituivo ed incastonato come in un cammeo nell’immagine che teniamo immersa nel profondo.

Siamo insomma semplicemente già quello che cerchiamo.    

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