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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


LA LIBERAZIONE E' UN ATTO DI CIVILTA'

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 16 Luglio 2017, 11:11am

Tags: #Lo spirito del viaggio

LA LIBERAZIONE E' UN ATTO DI CIVILTA'

C’è un passaggio dell’epistola ai Romani che non smette mai di porci domande complicate e di sollevare dubbi infiniti di interpretazione (8, 18-23).

In questo è “l’attesa della creazione” che aspetta infatti di essere liberata dalla corruzione, protesa com’è verso la rivelazione dei figli dell’uomo.

I figli dell’uomo passano attraverso la storia, la vita vera e propria, la carne e insomma sempre attraverso la strettoia di una creazione e di una venuta al mondo: sono fatti e sporchi di sangue e di placenta. Non c’è altro modo. Perché tutto appaia chiaro, occorre che ogni cosa compaia e forse anche scompaia e si trasformi.

La creazione come ogni nascita non è mai un atto compiuto in sé e neppure definitivo. E’ però il passaggio obbligato di un percorso necessario.

Ora, quel “tutta la creazione” di Paolo, non solo indicherebbe – mi sembra - che tutto l’uomo è implicato, per intero; e che quindi tutto l’uomo vuole essere liberato, cioè compreso e spiegato, rivelato: non solo lo spirito e non solo il corpo. Con le sue aspettative e le sue pretese, la sua ansia di essere e di diventare.

L’uomo in definitiva attende di essere liberato da quello che gli procura ansia, ansia di essere e di possedere; da quanto gli è di peso, come avviene prima del parto. E quindi di essere liberato da quel desiderio che lo rende perennemente in attesa e teso, appesantito e insoddisfatto. Di essere alleviato infine del peso che lo tiene a terra, che gli fa in basso batter l’ali ...

In fondo mi sembra che in quest’ottica l’unico vero desiderio che abbia ragione di essere – esso è liberazione - è quello di essere liberi, e di volare alti, così come sono in potenza e spesso nelle nostre segrete aspirazioni i nostri pensieri e il nostro cuore.

Non so se vi sia mai capitato di sognare di volare. A me sì ed è questo sogno quasi leonardesco, ancestrale, il più piacevole dei sogni.

Ecco, la possibilità di guardare le cose, non con sussiego, ma dall’alto, cioè cogliendo in esse una prospettiva che tutte le riassume in uno sguardo e che in fin dei conti le relativizza, le riproporziona, è il desiderio realizzabile e credo lo scopo a cui l’uomo è chiamato: a fare misura di tutte le cose lo sguardo d’insieme, che è sempre altro da ogni idolatria.

In secondo luogo, è vero anche che tutto il creato, per esteso, attende quella rivelazione e quella liberazione; perché tutto quel che è attorno ai figli dell’uomo, l’universo intero, animale e vegetale e oltre, è anche da quei figli che non schiavizzano non sfruttano non consumano all’impazzata, non uccidono, non distruggono gratuitamente, che attende  la tutela, la difesa, la custodia, la cura, l’amore.

Ecco perché chi crede, e non solo lui invero, non può che essere chiamato a rispettare quel che c’è. Non è quindi piromane ad esempio e non può essere cementificatore. E neppure bracconiere.

Non lascia le sue tracce e i suoi rifiuti come Attila sulla sua strada. E neppure le sue bestiole per strada, per non dire dei suoi figli, per brutti e sporchi, indesiderati che siano.

Così ha senso ogni Cantico delle Creature, così certe pagine commoventi tra i salmi (il 103 in primis).

I figli dell’uomo ne devono prendere a cuore le sorti. Ogni liberazione reale è sempre ed anche un grande atto di civiltà.

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