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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


ESTASI E DINTORNI - PERCHE' SCRIVO ANCHE DI QUEL PASSATO

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 14 Giugno 2017, 11:03am

Tags: #la storia, #recensioni

ESTASI E DINTORNI - PERCHE' SCRIVO ANCHE DI QUEL PASSATO

Ho cominciato ormai da qualche giorno a pubblicare anche qui brevi stralci delle biografie delle mistiche di cui ho scritto in questi ultimi mesi, materiale su cui si è indagato per quanto era possibile e si è cercato, anche con entusiasmo e curiosità, dietro incarico affidatomi dall’Ufficio Diocesano di Terni che si occupa della Tutela dei Beni artistici e culturali della zona.

Non sono mai stato uno studioso di mistica e temo che non lo sarò mai. Non so neppure se esistono ancora fenomeni di questo tipo, voglio dire “riconosciuti”, nella Chiesa dei nostri giorni.

Eppure, come si vedrà per chi avrà voglia di leggerne, si tratta di un’appendice non secondaria della cultura religiosa, non solo cattolica, anche se quella cattolica presenta delle caratteristiche tutte proprie, talora squisitamente patetiche e barocche. Senza contare che per molto tempo anche la letteratura di edificazione, e non solo quella per ragazzi, ha attinto a piene mani a questi fatti mirabolanti e straordinari che emergono da queste vite, senza volere entrare nel merito – sia chiaro – della loro valutazione.

Come si diceva i giorni scorsi del resto, proprio presentando in primi passi della b. Lucia da Narni, le obiezioni alla autenticità di questi racconti sono state numerose, anche in ambito ecclesiastico, fin da subito.

L’aureola del santo non la si concedeva, apparentemente, a chiunque; e l’avvocato del diavolo era proprio una figura storica, non già un modo di dire. Magari ce ne fossero di più anche nella vita civile!

Dopodiché, c’è pure quell’esigenza di chiarezza e di razionalismo che di fronte a fenomeni mistici (visioni apparizioni estasi) prova a spiegare facendo ricorso alla schizofrenia, all’autosuggestione, alla suggestione, alla ipnosi o auto-ipnosi. Non sta a me dire o indagare.

Come mi capitava ieri di dire in una sorta di riunione di redazione, il mio compito, quello che mi sono assunto, è quello che rimanda al mio mestiere ed alla mia prima vocazione: raccontare.

E racconto quello che non di rado ben si presterebbe ai romanzi di appendice, ai Rocambole, al feuilleton, ai romanzi di cappa e di spada, tra Dumas e i romanzi storici e in costume.

Sono certo che, se Eco avesse letto il materiale che mi son trovato tra le mani di recente, ne sarebbe nata un altro “Nome della rosa”.

Solo che Eco non si diceva credente. Mentre noi, io, presumiamo e pretendiamo di esserlo. Pur mantenendo quella sana diffidenza che è d’obbligo per uomini adulti e raziocinanti. Molte di quelle guarigioni raccontate, oggi sarebbero diversamente spiegabili alla luce delle conoscenze scientifiche attuali: molte, non proprio tutte …

Insomma, neppure vorrei esserlo così ingenuo e leggiadro da credere di sana pianta a tutto quello che si riporta e si racconta. E nessuno ce lo ha chiesto: né a me, né all’ipotetico lettore.

E allora che senso avrebbe scriverne ancora?

“Memoria storica”, innanzitutto: da non disperdere. Storie eccezionali ad ogni modo, di gente che ha compiuto scelte di vita ai più incomprensibili; storie anche di ribellione alle logiche dominanti, con tante donne che si rifiutano di sposare l’uomo che gli era stato imposto ed era prestabilito. E’ quello che Maraini diceva a proposito della sua Chiara, per intenderci.

Le urgenze sono altre indubbiamente, anche nella vita della gente comune, per non dire delle Chiese. Altro interpella indubbiamente. Quando mi è capitato di scrivere di queste storie antiche, neppure ho pensato che “però, sarebbe stato bello che anche oggi …”.

Non sarò mai per questo un nostalgico del passato, un laudator temporis acti. Non mi si addice. Il passato anche in quest’ambito è pieno di dolori inferti e di ingiustizie.

Mi metto lì, leggo e scrivo, occupando il mio tempo, pensando a delle storie documentate, per il possibile, che facciano compagnia, mentre racconto. A quel po’ di stupore o di curiosità che sono in grado di suscitare.

Immagino che chi mi ha affidato questo incarico abbia tutt’altra visione delle cose – ipotizzo – ma a me si addice quasi solo raccontare. Che non è poco …

E’ quel che spero di fare.

Degli uomini – è vero -  si sperimenta spesso la miseria e la slealtà, la piccineria; talora la grandezza, passeggera.

Se ne racconta sempre pur tuttavia. Perché sembra che, per il bene e per il male, per l’uno e l’altro, egli non manchi di creatività e di fantasia. La vita è sempre tutta da scrivere: tutto qua.     

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