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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


SECCHE E FONDALI

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 19 Aprile 2017, 20:38pm

Tags: #Lo spirito del viaggio

SECCHE E FONDALI

Non ho argento e soldi né oro da darti. Posso darti di più. Alzati e cammina. Così gli Atti degli Apostoli raccontano di un paralitico a cui viene restituita l’autosufficienza e quindi la vita (non che l’altra non lo sia).

E che sottintende una cosa prima di ogni altra: chi guarda quell’uomo, quello messo in croce e che pure risorge e invita a farlo; chi a lui guarda per cambiare il mondo (Pietro e i suoi compagni) può ritrovare la voglia, la ragione e la forza per camminare. Di nuovo.

A me sembra che la storia di molti uomini sotto questo rispetto si assomigli e lo testimoni.

Chi risorge, invita a risorgere, a ricominciare.

Nulla è perduto, se neppure la morte, la più vergognosa, impedisce di continuare a ri-vivere e dar vita, di riprendere la propria via.

A volte ripenso alla mia piccola risurrezione – dico con un po’ di lecito pudore - e so che, se e nella misura in cui essa è avvenuta, ciò si deve in primo luogo a quello sguardo reciproco e scambiato; a quello mio poi, rivolto a quel modello di risurrezione, che dà forza e dà fiducia: vai!

Per me vivere è Cristo – recita Paolo e spesso un’antifona in uso in questi giorni – e non solo per i motivi immediati e convenzionali che possiamo immaginare, perché egli vive in me e io in lui, perché è il modello da imitare e di riferimento; ma ancor più perché “rivivere” è davvero, letteralmente il fatto che avviene per coloro che da quella vita esemplare, presa anche modestamente a modello, per cui è possibile passare a “un’altra” vita, faticosa e bella (il peso leggero e il giogo è soave).

E’ la vita “delle cose di lassù”, cui puntare: quelle che si guardano da quel momento in poi.

Esse sono quelle confitte sul legno, sono quelle promesse da quell’altezza; sono l’altezza stessa (lassù) che sorvola quel che è stato e quel che è per molti, tutto e l’assoluto.

E che da lassù invece, come da una montagna sopra una spianata, appaiono per quello che sono: importanti e pure non finali, provvisorie. Vivere è Cristo, come rivivere lo è. Come rivivere e rivedere e camminare è guardare e guardarlo.

Chi ricomincia a guardarlo (guardarne) non può fare a meno di rialzarsi a camminare, come fa persino il piccolo Zaccheo che vuol salire sulla punta dell’albero di sicomoro; ed è persino possibile cominciare a librarsi in volo, pur con tutti i piedi piantati ben in terra.

Non ho oro, non denaro, né potere.

Ti posso rimettere in piedi, se mi guardi, se vedi che c’è un altro modo per vivere da uomo: procedendo tra polvere e detriti lungo i sentieri che conducono da qui a lassù.

Sono stato paralizzato, è vero e lo ricordo bene, incagliato come una barca sul fondale.

E’ la speranza che ci tira fuori dalle secche.

Le tempeste, la mia tempesta, spesso son solo un mare da attraversare. Tocca non averne troppa paura. Aggrapparsi – direbbero i Padri – ai remi della croce, del vascello, ed imparare a navigare.

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