Ripenso ai giorni passati, ricordo gli anni lontani. Un canto nella notte mi ritorna nel cuore: medito e il mio spirito si va interrogando.
Non si tratta di una canzone, ma di versi comunque bellissimi, di un innamorato che ricorda “quei giorni perduti a rincorrere il vento” – direbbe il mio amato De Andrè - in “Amore che viene, amore che vai”.
I nostri versi dunque appartengono al salmo 76, “Questo è il mio tormento: è mutata la destra dell’Altissimo”.
Uno ripensa alle meraviglie di quel tempo in cui l’amore era così visibile e vicino, magari lo si idealizza perché un amore così perfetto non esiste mai, se non per attimi e per qualche giorno un po’ lontano.
E ti sembra di avere attraversato il mare, infatti, che questo si è abbassato e ti ha lasciato passare, come fu per gli Ebrei in fuga dall’Egitto.
Ma insomma per amore il mare lo attraversiamo tutti, specie da giovani, e anche il deserto.
Ci accade anche quando giovanissimi non lo siamo più, specie nel vigore e nell’entusiasmo: quando ci interroghiamo: “quale follia stiamo compiendo, che non ne abbiamo più l’età; che ci hai già fregato altre volte, inesauribile miraggio del deserto, miraggio a cui diamo il nome di amore?
Quei giorni perduti a rincorrere il vento allora, come il canto nella notte così leopardiano, del contadino che passa fischiettando e che non sa che la notte della festa è breve e così il giorno della vita.
“Con il corpo sono qui, ma la mente mia non c’è …” – vado per canzoni. Perduti nel rimpianto.
Nessuna lezione per oggi. Quanto volte ci si chiede: Forse è mutata la destra dell’Altissimo?
A questi è dedicata quanto scrivo mentre ripenso a quella via sul mare, sentieri sulle grandi acque, su cui erano orme che non abbiamo riconosciuto …