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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


L'orologio della memoria

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 25 Maggio 2023, 11:14am

Tags: #unica

L'orologio della memoria

A casa mia e magari a casa di tutti, ci sono orologi fermi da tempo che all’improvviso, per qualche istante, riprendono a camminare come per un improvviso sussulto. Sono come quei cuori in inverno, probabilmente, che ad un tratto, dopo lungo e comprensibile letargo, si svegliano. Non è detto che lo facciano per molto.

Molti avvenimenti dell’esistenza sembrano somigliargli. Uno, il più banale, il più popolare, può essere rappresentato dalla scomparsa inattesa di un personaggio famoso, meglio se iconico (iconico per noi, per i nostri ricordi, per le nostre associazioni) il che ci ricorda repentinamente quel che siamo stati (allora); il tempo che è trascorso, per bene o male che sia; che stacca un altro biglietto per il viaggio, il nostro e quello di ciascuno, che si accompagna a quel che vedo accadere anche sulle pareti di casa mia, simboliche e metaforiche che siano, materiali. Da cui scompaiono infatti volti e miti che sbiadiscono e appartengono inesorabilmente al passato.

Noto di averne sempre meno sulle mura di casa. Anzi, quasi più nessuno dopo che da adolescente campeggiavano ovunque nella mia cameretta, sul letto, fin sul soffitto. Sono stati progressivamente staccati. Il che somiglia a disincanto più che caduta degli dei.

Di dei in terra non ce ne sono, mentre da ragazzi ne avevamo un pantheon intero.

Insomma, pur non essendone un fan, a qualcosa del genere fa pensare pure la scomparsa della Turner, ieri sera. Per una vita che sembrava un simbolo di rivincita e di rinascita compiuto. Lei amava dire che se ai più, la sua vita poteva sembrare essere stata dura, lei non poteva nascondersi di aver vissuto un’esistenza piena, un’avventura meravigliosa. Tanto di cappello!

Non sarà per me, per noi, una data di quelle a partire dalla quale la tua esistenza è come divisa da uno spartiacque traumatico e chirurgico. Ciò è accaduto, per quelli come me, per  l’11 settembre del 2001 (e come si fa a dimenticare dov’ero, cosa facevo in quel preciso momento?). O il giorno in cui venivano massacrati Giovanni Falcone, sua moglie e la scorta. Anche qui la stessa cosa: ricordo dove fossi, con chi, occupato in cosa.

Ciò nondimeno, i quadri da staccare dalla parete (ne ho un’esperienza così recente e dolorosa, quelli da portar via dalla casa dei miei) hanno la stessa didascalia e ad essi accompagno la solita preghiera o la solita lamentazione: “Insegnami a contare i miei giorni”. Che è poi il verso di un salmo, il numero 89, bello e struggente, malinconico, in cui l’uomo prende coscienza della sua precarietà, se ancora non avesse fatto i conti con essa. “Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti. E sono quasi tutti fatica e delusione – continua l’autore.

Non gli si può dar torto, come non ne daremmo a passi analoghi del Qoelet (quello dell’Omnia Vanitas) e a certi versi leopardiani. Ai garzoncelli scherzosi non bisogna ricordare che i poster dalla stanza finiranno col dover essere staccati, tutti quanti, uno ad uno.

C’è che con questo non vogliamo fare i conti, inseguendo l’eterna giovinezza: del viso, della pelle, di un corpo senza tempo, di entusiasmi, come gli orologi di casa da cui avevo cominciato. Così che se un giorno potremo sostituire pezzo per pezzo ciò che in noi è invecchiato, i conti saranno sempre più rimandati, all’infinito, sine die. Non è un delitto. E’ la nostra fragilità e la nostra condanna a non essere diversi, immortali. Saremmo più infelici – temo - a ripeterci ogni giorno che domani può toccare a noi.

A quelli che non ci sono non basta dire “ci rivedremo”. Vi rivedrei volentieri – lo confesso - se potessi incontrarvi da qualche parte per come vi ricordo io. Se potessi essere come quando favoleggiavo di voi e in qualche modo, in modo infantile, vi ho amato.

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