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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


Il per sempre che frena (anche nella vita della Chiesa)

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 25 Ottobre 2021, 18:04pm

Tags: #unica, #Vita consacrata

Il per sempre che frena (anche nella vita della Chiesa)

Tra la superspecializzazione settoriale che sembra essere richiesta nel mondo del lavoro, tale da fare di ciascuno di noi l’esperto di quell’unico pezzo di meccanismo e di nient’altro, del tutto ignorato anzi (penso alla medicina, alla ricerca, alla componentistica, persino all’istruzione); e di contro, la sempre maggiore flessibilità richiesta nel mondo del lavoro (contratti a termine ed a progetto, ma anche continua sollecitazione a riciclarsi ed a formarsi, se non a trasformarsi per altro); mi chiedo, come tanti, quale sia la sintesi più comprensibile.

Ed essere eclettici in fin dei conti, se non si è dei luminari insostituibili nel proprio campo (o se solo siano venuti meno gli stimoli e la voglia di continuare sugli stessi binari), continua ad essere un indiscutibile vantaggio.

A termine – mi dicono – non può essere la scelta che si compirebbe invece nella Chiesa, dove ogni scelta presuppone inevitabilmente un “per sempre”. Non che sia mancato chi anche di recente abbia suggerito di introdurre forme di impegno prese a tempo limitato e determinato (“contratti a termine”, per così dire, per quanto contratti a termine, in scelte di vita siffatta, pare che non abbiano ragione di essere).

Solo che anche in questo si incontra molta e comprensibile resistenza. Come se il prima e l’eventuale poi (che si può intendere anche libertà) costituissero un fattore di rischio sull’impegno assunto “temporaneamente”.

La realtà dice altre cose: che al contratto in ogni caso si viene meno anche in questo campo (non sono pochi quelli che ad un tratto depongono le armi e continuano la propria vita altrove). O che ancora di più sono quelli che continuano, ma con la testa (e pure con la vita) che già alberga altrove. Come certi matrimoni che vanno avanti per convenienza e per inerzia. Ma “il sacerdote per sempre” (salmo 109), sembra essere un limite invalicabile. Ed io non discuto, salvo sollevare il problema a fronte di due fenomeni: 1) il ridursi corposo e preoccupante delle schiere 2) la tendenza universale registrata in ogni settore, dove il per sempre non solo non funziona, ma sembra essere aborrito dai più, spaventati dalla sola idea della definitività. Il che è un fatto trans-generazionale e culturale, aggirabile con la formula del possibile prolungamento periodico dei contratti – se le parti sono soddisfatte - e previa corretta ed onesta verifica.

Immaginare per determinati compiti e ruoli, anche stili di vita, una verifica costante ed una reversibilità non traumatica né vergognosa; una permanenza sancita di volta in volta con compiti e periodi stabiliti e limitati, attrarrebbe molti che “del sempre” hanno paura, ragionevolmente; e renderebbe più agile e vitale una struttura che rischia di diventare ingessata e cristallizzata, talvolta prigioniera di sé.

Il movimento e la novità, per il singolo e per le comunità, sarebbero un elemento vitale, uno stimolo interno ed esterno. E, per quanto la gestione possa sembrare complicata, potrebbe apportare nuova linfa ed energie rinnovate in ogni settore della vita religiosa.

Al rischio di essere contaminati dallo spirito del mondo, si potrebbe ribattere che nessuno come chi si mette in cammino è ricco di entusiasmo e di voglia di fare. Poi, chissà.  

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