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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


Vola il pallone e quel che siamo stati

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 26 Novembre 2020, 07:34am

Tags: #unica, #la lettura del giorno

Vola il pallone e quel che siamo stati

Così è precipitata (anche) Babilonia, la grande città, nessuno la vedrà più. In te non si sentirà più suonare l’arpa né cantare, non si vedranno più né flauti né trombe. Non ci sarà più nessun artigiano, non si sentirà più il rumore del mulino, non si vedrà più la luce delle lampade, non si udrà più voce di sposo o di sposa. I tuoi mercanti erano i padroni del mondo, e con le tue stregonerie hai ingannato le nazioni. (Apocalisse 18, 21-23) E come il poeta ubriaco di Rimbaud che – scriveva – prende in giro l’universo.

Con queste parole mi si viene in soccorso, in questo piccolo grande dispiacere planetario di fronte al ragazzino che, come in Grande Dittatore chapliniano, prendeva a calci, letteralmente, il mondo e che ora se ne va, come ogni cosa.

La Babilonia precipitata vorticosamente è quella stagione, il circo rutilante e giostra che pure il calciatore si portava con sé, un baraccone; anni forzatamente disimpegnati, poi, di quella giovinezza nostra di cui persino un divino del pallone, maleducato di suo, era un simbolo evidente, iconico, assordante.

Finita anche l’epoca dei bidoni del pallone, esotici venuti da lontano, di un pianeta non ancora connesso per cui sbarcavano da questa parte del globo, preceduti da fame immeritate, venduti per millantato credito e televisioni commerciali e gridate e Processi al lunedì, con i conduttori con i capelli tinti di un inedito colore rosso, per le illusioni che ci avrebbero fatto più o meno felici prima, e poi delusi. Poi saremmo cresciuti. Magari avremmo dovuto …

… quando tremeranno i custodi della casa e si curveranno i gagliardi e cesseranno di lavorare le donne che macinano e si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre e si chiuderanno i battenti sulla strada; quando si abbasserà il rumore della mola e si attenuerà il cinguettio degli uccelli […] prima che si spezzi il filo d’argento e la lucerna d’oro s’infrange e si rompa l’anfora alla fonte e la carrucola cada nel pozzo, e ritorni polvere alla terra, com’era prima, e il soffio vitale torni a Dio, che lo ha dato. Vanità delle vanità, dice Qoèlet, tutto è vanità. (Qoèlet 12)

Così che si sta ai davanzali alle finestre, a guardare, noi. E in tutta quella polvere in cui tutto ritorna vediamo pure e ancora l’oro e il brillio di quel che abbiamo visto o che solo abbiamo immaginato.

Passano gli anni, restano i riflessi. E non è poco.  

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