Il bimbo alla parete

Gli dei pagani non perdonerebbero mai chi, in un giorno di festa, volesse ricordare altri aspetti della vita, altri scenari che mettono tristezza. Lo pensavano i latini e lo riprendeva il neoclassico Foscolo dell’Amica Risanata che non vuole ricordarle più la malattia, ora che è guarita. Bando alla tristezza quindi.

Salvo che questa mattina, mentre ascoltavo in chiesa la Messa di Natale, tra un bambino nella mangiatoia raggiante e un crocifisso grande alla parete, non potevo fare a meno di pensare che si trattava della parabola che sarebbe toccata alla medesima persona. E che per ogni persona c’è un parabola, non dico analoga, ma per qualche aspetto somigliante. Senza per questo farci prendere dalla cupezza, siamo speranza gioia, infanzia, giovinezza e poi tutto il resto. Anche se il cuore e le speranze non invecchiano al ritmo del nostro corpo, indubbiamente. Talvolta lo precedono, altre gli si oppongono.

E’ cosa probabile che la madre di quel bambino di quella storia sacra, queste considerazioni le abbia fatte, anche prima di trovarsi ai piedi di una croce. Ma le vite sono fatte a questo modo e non è di mestizia che si voleva dire. Tanto che, a maggior ragione, quella gioia, quando c’è, quand’è una promessa, non va sprecata.

E che la parabola, per quel che è, va presa al punto giusto, assaporata e valorizzata, perché non sia una sequela di occasioni mancate.

Auguri!