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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


CIO' CHE E' PERDONABILE (E CIO' CHE NON LO E')

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 7 Marzo 2018, 10:58am

Tags: #unica

CIO' CHE E' PERDONABILE (E CIO' CHE NON LO E')

Se il singolo si perdona (settantamila volte sette, o giù di lì … - suggeriscono), non sono certo che “un sistema evidentemente responsabile” possa mai essere bellamente perdonato. Intendo dire che ciò che deriva dalla teorizzazione del male e dell’ingiustizia (anche sociale), della discriminazione (dico quindi il frutto perverso di “un regime”) non può essere soggetto (non dovrebbe!) alla stessa misericordia che invochiamo ad ogni piè sospinto per noi e per il prossimo. Con tutte le eccezioni del caso (per il prossimo, ovviamente).

Sulla cosa mi capitava di riflettere mentre ieri, in giro per la città, sotto una “godibilissima” pioggia primaverile, rileggevo il consueto commento al “quante volte si deve perdonare?”. Già! E quante volte e quando occorrerebbe farlo, ammesso che … ?

Quelli che ritengono di aver poco da perdonare – forse - e da farsi perdonare, attaccano con l’inossidabile lezione del perdono incondizionato, soprattutto a fronte della considerazione: “chi perdona, libera soprattutto se stesso dal rancore”. Senza contare le volte in cui noi saremmo perdonati da altri e dal Padreterno. Ergo …

Non ho molta gente da perdonare in fondo, non per grandi cose. Me ne sono liberato di quei fardelli.

Da sistemi, deriva intendo di credenze pseudo-“culturali”, luoghi comuni e pregiudizi divenuti “istituzionali” etc. invece molte generazioni hanno subito, anche inermi, innegabili torti. Pensavo appunto di rimando (ci penso sempre, perché il pensiero in tal caso interroga e coinvolge lo storico e il politico, il sociologico) a tutti quei perdoni impossibili di cui già si diceva, qui, giorni fa.

Una violenza di massa, perpetrata per motivi etnici, lo è? Lo sterminio, il genocidio e un olocausto possono esserlo? La derisione e la persecuzione, l’essere stati additati e trattati di conseguenza, ora anche sul web, in quanto diversi, lo può essere ancora? Ma soprattutto: è giusto anche in tal caso, è umano, il perdono? No, non lo è. E non sarebbe giustizia e neppure perdono di Dio. Non perché si resti schiavi di quel risarcimento e di quel risentimento, ma perché – a me sembra - che in questo caso la società civile e la ricerca storica non devono perdonare. Neppure l’opinione pubblica e le autorità, quelle civili e, se il caso, quelle religiose.

Se la violenza e la colpa si fanno teoria (giustificazionista)e cioè si fanno sistema, diventano norma, esse, agli occhi del singolo e agli occhi dell’intera comunità, per non dire a quelli degli storici e dei cronisti, non possono che essere imperdonabilmente blasfeme. Molte ingiustizie e molte discriminazioni restano pertanto , al giudizio e di fronte alla valutazione di chi le osserva, ingiustificabili. Da esse non si può essere assolti.

Essere donna, essere diversi, essere libertari in tempi di liberticidio; antifascisti e cioè contro ogni regime dittatoriale; essere non in linea col sistema produttivo e non solo; essere e sentirsi singolarmente unici – come tutti siamo - e vigili, cioè inflessibili nella salvaguardia della propria autonomia di pensiero e culturale, nelle proprie decisioni, di qualsiasi natura esse siano, anche scelte religiose politiche e filosofiche; per sempre, per interminabili secoli, è stato oggetto di repressione se non di persecuzione evidente, resa sistema.

Non a caso – detto per inciso – persino Bergoglio, alla vigilia dell’8 marzo firma la prefazione di un libro oggi presentato a Madrid, in cui si fa mea culpa - ancora! - sulla natura maschilista dell’istituzione che egli rappresenta (Dieci cose che Bergoglio intende dire alle donne). Il maschilismo (lo si chiami pure come si vuole) è un sistema, lo è stato, discriminatorio. Quando in nome di questo, il mondo non maschilista e non machista viene inibito e perseguitato, ciò è indiscutibilmente imperdonabile, appunto perché chiama in causa non solo le responsabilità del singolo individuo che di tanto si è macchiato, ma quelle di un sistema intero fondato sulla violenza e sulla coazione a danni di altri.

Ora, mi dico in conclusione, non settanta volte sette e neppure sette si può perdonare un regime siffatto (cioè ad ogni regime): e perché il carico di dolore e di ingiustizia che porta con sé è enorme e ha comportato conseguenze estesissime e sistemiche; e perché da esso trovano giustificazione tutte le violenze che in suo nome sono state commesse, di quel segno e di altri conseguenti.

Tutto ciò che avrete fatto al più piccolo di questi, lo avrete fatto a me – si dice altrove. E allora se ai più piccoli è l’impianto culturale e legislativo addirittura che giustifica che ciò sia fatto, in nessun modo si vede come mai si potrebbe perdonare e consentire che esso possa rinascere e ripetere le medesime dinamiche persecutorie.

Diciamo pure che, se perdonare in certi casi ci libera dal rancore; in altri ci sottrae al nostro compito di prendere posizione e di valutare con lucidità quel che in ogni caso non va fatto e che nessuna costituzione scritta o meno potrebbe rendere legittimo e sopportabile.

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