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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


E SE LA MESSA FOSSE DAVVERO FINITA?

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 22 Marzo 2017, 19:34pm

Tags: #recensioni

E SE LA MESSA FOSSE DAVVERO FINITA?

Consiglio caldamente a chi ne avesse modo voglia e tempo, a chi dovesse essere sfuggito l’articolo, la riflessione, di Alberto Melloni su Repubblica di oggi, nelle pagine di Cultura (R2), titolo “La messa è finita”, proprio come un vecchio film di Nanni Moretti. Io ne sono rimasto folgorato, condividendo appieno.

Il prete che abbiamo conosciuto ha una data di nascita precisa: il Concilio di Trento che si chiuse nel 1563. E’ l’enorme sforzo con cui esso cercò di segnare una cesura (contestata dai protestanti che invece accusavano la chiesa cattolica di continuità con l’abuso) a valle della Riforma di Lutero. Tardi, ma con coraggio il Concilio cerco di inventare farmaci sconosciuti … (riporto qui quest’ultimo periodo, anche se interrotto, per capire che al fondo del pezzo non c’è in nessun modo uno spirito preconcetto, denigratorio, anticattolico).

Si tratta di qualche riga del pezzo di Melloni di cui però non voglio anticipare il piacere della lettura diretta.

La disamina è attenta ed è priva di retorica. Non si tratta solo di contare le vocazioni in meno, il numero dei seminari dimezzato, le infinite e mai abbastanza discusse questioni in merito al suo ruolo, al sacerdozio al femminile, all’affettività dei preti e degli aspiranti, al “clericalismo” inteso come vizio di impostazione culturale; alle ultime creazioni delle “unità pastorali” che rendono i preti dei globe trotter sconosciuti a ciascuna delle comunità che son loro affidate, non riconosciuti quindi, solo degli estranei soli.

Non si tratta neppure solo dell’assoluta desuetudine e vetustà dei percorsi formativi ideati troppo tempo addietro per i futuri preti; e neppure del passaggio “terribile” ma vero, sacrosanto, che qui di sotto riporto: nella chiesa europea recente il mestiere di prete viene appaltato, come le mansioni marginali, a chierici d’importazione, eletti a badanti di comunità abbandonate.

Il punto è l’evidente indiscutibile tramonto della figura stessa di colui che rischia di restare un sopravvissuto al più; ed un burocrate di ufficio, al meno.

Melloni conclude su posizioni che condividerebbero tutte le persone di buonsenso e oneste intellettualmente.

Che non esiste la volontà e la forza neppure in Bergoglio di affrontare una riflessione ed una rilettura sistematica del ruolo e del mandato del vecchio prete. Che le resistenze “clericali” sono troppe.

Che, se la cosa non disturbasse (mai parlare di sé in un pezzo!), in passato mi è capitato di toccar con mano le resistenze, ad esempio a livello di corso di studi universitari, di formazione. Dove insomma lo stantio prevale sul valore della tradizione e del confronto, della crescita.

Chi vuol bene a Cristo (ed anche un po’ alla sua Chiesa) di fronte a queste cose non dovrebbe fingere di non aver veduto e di non aver capito. Soli Deo gloria, soli deo gloria, beninteso!

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