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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


Milleluci sui presepi (contemporanei)

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 23 Dicembre 2022, 11:51am

Tags: #unica

Milleluci sui presepi (contemporanei)

Leggevo giorni fa un buon esercizio di stile sull’inserto La Lettura del Corriere della sera sul tema del presepe. La domanda “chi starebbe bene a ragione al giorno d’oggi ,tra i personaggi del presepe?”. A rispondere una teologa, un vescovo, un antropologo e altre figure che adesso non ricordo. In questi casi ci si può aspettare o il conformismo più scontato, o la voglia di stupire che ci fa dire cose che dovrebbero lasciare a bocca aperta. In questi anni, di presepi futuristi e sui generis ne abbiamo visti a centinaia. Molti ne hanno prodotti anche i miei amici.

Si va dalla sperimentazione sui materiali, improbabili (è l’eredità della pop art), a quella sulle figure che quel presepe devono popolarlo. Senza contare quel che di anno in anno si inventano gli artigiani napoletani di San Gregorio Armeno.

La verità è che nel presepe ci potrebbe stare bene chiunque tra noi, con tutto il ciarpame delle proprie cose, con quel che resta dei nostri ricordi, le nostre cantine, le soffitte e gli abbaini, i corredi e gli album di foto di chi ci ha preceduto, coi libri vecchi, gli strumenti e gli arnesi che non usiamo più da una vita, la civiltà che butta e non riutilizza più, presepe e immondezzai.

Del resto, l’uomo si porta questo appresso, anche metaforicamente, e nessuno deve stupirsi. Alla casetta della chiocciola non rinunciano neppure quelli che vivono in strada o in un camper tutto l’anno. Che anzi sono i primi, io trovo, che avrebbero diritto ad essere ospitati nel presepe, immaginandolo come un posto tranquillo e sicuro, riscaldato, benché pur sempre assediato dalla carta e dal muschio. I primi sono i senza fissa dimora, pastori in ogni senso. Quelli si troverebbero in strada, anche se la cometa dovesse impattare sulla crosta terrestre, né saprebbero del resto dove andare, se non in qualche galleria, sotto i portici delle grandi città a dormire davanti alle saracinesche chiuse dei molti negozi che non hanno aperto più o sulle grate dove passa l’aria calda che viene su dal supermercato.

Sono quelli che – mi dice un mio amico direttore di un grande magazzino – vanno a ripulire il cassonetto quando viene ricolmo di cose invedibili perché scadute e che pane e pesci moltiplicati se li sono sentiti solo raccontare.

Gli esperti interpellati dal Corsera hanno individuato tra gli altri occupanti dello spazio presepiale migranti e nuovi poveri, quelli approdati a Caritas o quelli che ci approderanno presto, quelli che hanno vergogna di farlo e di farlo sapere in giro. E molti che le pensioni sono al massimo di 600 euro. Per non dire di quelli che neppure quella hanno; e che forse saranno lasciati a piedi, tra meno di un anno, dalla miseria di quel reddito (di cittadinanza, ma tra miserabili) che si stanno affrettando a cancellare.

Ci sono donne, vittime di violenza, perseguitati, vilipesi, truffati, anziani di Rsa e tutto il resto che si può immaginare.

A quella famigliola travolta da fama improvvisa, alloggiata alla bell’e meglio in una stalla, non dovrebbe fare specie questo genere di compagnia. Entriamo nella retorica facile o forse nella realtà dei fatti che ci piace non considerare.

I poveri sono un peso per voi – tuonava qualcuno, ieri mattina in seduta parlamentare – commentando la scarsa considerazioni che di questi avrebbe l’attuale esecutivo (non che gli altri …).

Se il presepio fosse un ghetto o invece una riserva indiana dove metterci gli intoccabili, gli inutili, gli inservibili, lo scarto della società civile, le cose che non servono o che non servono più, questo sarebbe il loro ricovero ideale. Lontani dalla rivendicazioni, dallo scendere in piazza, dal protestare, dall’incatenarsi davanti a Montecitorio, lontani da occhi curiosi come cent’anni fa quelli ammalati di tisi.

Il fatto è che non c’è presepio su cui non si pongano comete e luci, per quanto soffuse, per quanto intermittenti. E con quelle si vede anche ciò che vedere non vorremmo mai.

Che si va popolando sempre di più di disgraziati, di abbandonati, di chi è bisognoso. Non lasceremo nessuno indietro – si grida da più parti. Senz’altro. Lo metteremo in mezzo al presepio. Lo tireremo fuori dallo scatolone una volta all’anno.

Poi, si sa, si spegne anche l’interruttore.  

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