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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


Bianchi - Recalcati - A chi sta a cuore la sorte del fondatore

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 26 Agosto 2020, 11:43am

Tags: #la dichiarazione

Bianchi - Recalcati - A chi sta a cuore la sorte del fondatore

A chi sta a cuore la sorte di un fondatore? Scrivo sulla scorta di un editoriale di Massimo Recalcati uscito stamane su Repubblica, argomento sul quale mi ero già espresso settimane addietro. Il fondatore e l’ideologo in questione sarebbe Enzo Bianchi (Bose). I suoi oppositori risiederebbero nel cuore della Chiesa e forse all’interno della sua stessa creatura, la sua Comunità. Questa in sostanza la tesi di Recalcati, per il quale la richiesta dell’allontanamento di Enzo Bianchi è nelle intenzioni la condanna operativa di tutte le aperture al dialogo che Bose rappresenterebbe.

Che a molti Bose procuri ed abbia procurato qualche mal di pancia (dialogo ecumenico e interreligioso) è probabile ed anzi potremmo dire che ciò è fuori discussione. Così come dovrebbe esserlo la difficoltà che ci sia dietro ogni successione al padre fondatore.

Potremmo scomodare la storia della Chiesa per averne conferma: da Francesco a Bonaventura, per dire ... Dopodiché, quella difficoltà sta anche nella fatica che vivrà lo stesso padre eponimo nell’affidare ad altri la sua creatura.

In genere il processo dà luogo ad un cambiamento di rotta più o meno evidente che sfugge alle mani di chi quella realtà aveva messo al mondo. È la storia di ogni paternità. I figli anche in questo caso non ci appartengono. Prendono la propria strada e per certi versi è bene che sia così.

Bianchi non ha bisogno di difensori, mentre il richiamo alla comprensione invocata da Recalcati è sempre da accogliere con rispetto. Il fondatore di Bose è sicuramente un uomo anziano, bisognoso di cure ed a cui non si può chiedere quello sradicamento che risulterebbe essere intollerabile per ogni anziano da cui si pretendesse di abbandonare la propria casa. Non lo si può pretendere. Solo che la vita di Bose – e noi non sappiamo fino a qual punto – evidentemente ne è condizionata.

La pietas in ogni caso non può essere omessa.

La parabola, peraltro tristissima, è parabola comune. Ogni passaggio generazionale conosce la sua crudeltà e le sue domande. Trovare il modo e la misura, da tutte le parti in causa: questo si richiede. Che il vecchio patriarca accetti il passaggio di consegne. Che chi gli succede sappia fare i conti con l’inevitabile paragone che ne accompagnerà il cammino.

Ogni figlio d’arte conosce bene cosa significhi tutto questo. Come accade a tutti quelli che fanno lo stesso lavoro di un padre o di una madre famosissimi. Cosa da cui si può rimanere schiacciati tutta la vita. Fino a scegliere di fare altro, di andarsene altrove.

Non si può che osservare quanto possa essere crudele passare la mano. E quanto faticoso raccoglierla. L’ultima considerazione riguarda i destinatari dell’editoriale di oggi. Alla gran massa delle persone, la storia di Bianchi non è nota ed apparirà estranea e lontana, non tale – a ben vedere – da richiedere un intervento editoriale di questa portata. C’è allora da supporre, con ottimi argomenti, che l’interlocutore voglia essere all’interno di quella istituzione a cui si contesta la mancanza di misericordia. Una parte della chiesa scrive all’altra per invitarla a riflettere e a ravvedersi. E questo accade come se attraverso i canali ufficiali il dialogo fosse già fallito, imploso, naufragato. E forse è davvero così.

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