Piazze. Prima e poi. Ricorda lo spettacolo di questi giorni.
Ricordati del tuo creatore nei giorni della tua giovinezza, prima che vengano i giorni tristi e giungano gli anni in cui dovrai dire: Non ci provo alcun gusto; prima che si oscurino il sole, la luce, la luna e le stelle e tornino ancora nubi dopo la pioggia; quando tremeranno i custodi della casa e si curveranno i gagliardi e cesseranno di lavorare le donne che macinano perché sono poche e si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre e si chiuderanno i battenti sulla strada; quando si abbasserà il rumore della mola e si attenuerà il cinguettio degli uccelli e si affievoliranno tutti i toni del canto […] prima che si spezzi il filo d’argento e la lucerna d’oro s’infranga e si rompa l’anfora alla fonte e la carrucola cada nel pozzo e ritorni la polvere alla terra, com’era prima … (Qoelet 12)
E dopo.
Vecchi e vecchie siederanno ancora nelle piazze di Gerusalemme, ognuno col bastone in mano per la sua longevità. Le piazze della città formicoleranno di fanciulli e di fanciulle, che giocheranno nelle sue piazze (Zaccaria 8).
Le città vuote, le piazze piene. Quello delle piazze in cui si manifesta, la gioia o la maledizione, la gioia del ritorno e lo spettacolo della morte, della dispersione, della sventura, della diaspora, è un tema estremamente diffuso nei testi biblici. Dopotutto, più che nelle alcove della gente, la storia delle persone si scrive in pubblico, è un evento comune, collettivo. Oggi diremmo di massa. Poco virtuale, molto spettacolare.
La speranza del ritorno ha il volto della città che si rianima, delle mole e delle conocchie che riprendono a lavorare; delle finestre che si aprono; dei battenti che non si infrangono più, abbandonati, al soffiare del vento tra i vicoli di un borgo disabitato.
La vita con le sue apparenze è un formicolio di persone tornate in strada per darsi da fare. Voler ricominciare. Incontrando le facce che vorremmo rivedere e quelle nuove che ci facciano provar gusto per la compagnia.