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la voce di simeone

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cultura e spiritualità


SE IL TEMPO SI E' FATTO BREVE (provo a dargli una ragione)

Pubblicato da Enzo Maria Cilento - fratel Simeone su 21 Gennaio 2018, 11:58am

Tags: #Lo spirito del viaggio

SE IL TEMPO SI E' FATTO BREVE (provo a dargli una ragione)

Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve. E passa la figura di questo mondo. Si tratta di san Paolo: I lettera ai Corinzi. Quanta letteratura e quanta immaginazione “pseudo-medievale” si è consumata su questa affermazione!

Il tempo si è fatto breve, indubbiamente, perché, più passano i giorni e più il tempo di ciascuno si riduce, cioè vengono meno i giorni che ci son dati da vivere. E con essi, non solo “le torme delle cure” evocate dal poeta, ma – di più, temo – le occasioni che abbiamo ed avremo per vivere la vita che avevamo desiderato e sognato, quel po’ di Eden che contavamo di abitare.  

Nell’Eden, oltre e più che gli alberi della conoscenza, del bene e del male, sostengono i commentatori (leggevo nel frattempo Ambrogio e stralci dai testi dei cabalisti) è l’albero della Sapienza.

E la Sapienza, che sarebbe stata con Dio al momento della creazione, doveva quindi esserlo, per principio, anche al momento della creazione di ciascuno di noi, pur se risulta difficile credervi in qualche caso; nel momento in cui siamo stati messi in vita e prima ancora pensati (Signore, tu mi scruti e mi conosci … salmo 138).

Non ne abbiamo memoria però, a quanto pare, se ne gustiamo così poco il sapore. A meno che non si debba pensare che esso non sia per condanna e fatalmente svanito (forse era questo il senso della cacciata dall’Eden?). O quando la vita la buttiamo via - sia detto pure senza moralismi – mentre non se ne coglie un senso, cioè senza assaporarlo.

Scriveva il vecchio Origene che oltretutto col tempo fu tacciato di eresia, che il tempo è finito (o è breve) - e per lui si trattava di quello reale che ci avrebbe separato dall’atto ultimo tempo, quello del Dies irae, giorno che sarebbe giunto come un ladro, quindi  - proprio a causa di quella ostinata opposizione degli uomini che un senso una ragione una sapienza e un Dio non vuole cercarli vederli e riconoscerli. Il tempo finisce quando non sai più farne uso, forse. L’ultima chiamata è arrivata.

Per quegli uomini, se ne deduce, il tempo non solo finisce, ma in più - come si potrebbe sostenere per ogni occasione non sfruttata, che non si è realizzata - si è trattato realmente (?) di un tempo perso, cioè di un non tempo (quello che non è stato, è fuori del tempo, non solo perché è fuori tempo massimo, ma perché non ne ha impiegato ed occupato alcuno).

O ancora si potrà parlare di un tempo, che non avendo trovato una ragione che ne spiegasse l’esistenza e quindi lo giustificasse, semplicemente non è esistito, in quanto neppure è stato “pensato”, cioè meditato. E’ insomma solo tempo che è sfuggito, come tutto ciò che non resta nella memoria e non è frutto di riflessione e di rielaborazione.

Il tempo è breve o il tempo è compiuto ad ogni modo: quindi consummatum est, perché e in quanto tutto è compiuto.

O invece in quanto tutto resta incompiuto, a metà. Corre – questo sì -  con la percezione che abbiamo di lui. E intanto quel che è stato fatto, è stato. Quel che si voleva fare, è invece proiezione, fuori tempo, persino non coordinato con esso.

Se il resto (quel che resta del tempo anche di inutilizzato, le occasioni perdute) passa, passa esattamente come la figura di questo mondo. Che è cioè l’apparenza, figura e maschera, vale a dire imago e persona (phersus) quasi inganno.

E, se passa la figura e cioè la maschera di ogni cosa, ciò che è adombrato e nascosto e per cui tutto è visto come in uno specchio in modo confuso, di certo dovrà esserci, secondo logica, un altro mondo dietro la figura e l’apparenza, anche se sotto il manto potresti malauguratamente scoprire che non c’è niente, allo stesso modo in cui sotto il cappuccio con cui nei quadri viene raffigurata la morte, intesa come fine e chiusura del tempo, non c’è mai volto, ma il vuoto, il nero.

La verità è che qualsiasi dovesse essere la figura, arriva il tempo in cui questa scompare. E anche questo arriva a poco a poco per chi ha la ventura di vivere più a lungo. Le figure si sbiadiscono col tempo. Il tempo breve fa scoprire lo spessore della coltre che copre ogni cosa.

Anche qui è solo la nudità che rivela.

E con gli anni ci troviamo tutti più autentici e indifesi, praticamente spogliati. Perciò il tempo è breve. Perché non se ne ha tanto per mostrarci per quel che siamo e per ciò di cui siamo in tutto bisognosi. Così come non farlo è perdere la nostra occasione, il nostro tempo, quello che ci è dato ed è fatto per noi, insomma la ragione per cui siamo apparsi in vita, io ritengo.

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